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Io non parlavo che per lei. Si finì con discorrere un po' di tutto, d'arte, di natura, d'Italia e di Germania. Era per Violet che dipingevo Venezia alla giovinetta bionda, curiosa del mare, delle gondole e dei colombi.

Restava Violet. Un lampo sincero degli occhi suoi mi disse: evitate questa commedia! Ma era troppo tardi. Il signor * ripetè Topler coscienziosamente miss Yves. Io salutai e Violet non potè a meno di piegare un poco il capo. Per fortuna il treno entrava allora in una lunga galleria ch'è tra Pappenheim e Dollnstein; nessuno badò più a noi.

Giudico Lei e le Sue azioni come mi pare e piace! E le proibisco di restare ad Eichstätt! Le proibisco di molestare la fidanzata di mio fratello! Scusi replicai tranquillamente. Miss Violet Yves mi ama. Stavolta Topler mi appuntò al viso l'indice della mano destra, mi guardò a bocca aperta e non disse verbo. Parve che la sua collera si sciogliesse in stupore.

La cameriera non domandò il mio nome, mi credette forse uno straniero amico della signorina straniera, e m'introdusse. Attraversammo l'anticamera; la cameriera aperse un uscio e disse: Un signore cerca di Lei. Vidi Violet che stava scrivendo. Non era sola; una bambina leggeva presso a lei, un'altra giuocava con la bambola, silenziosamente.

Violet e colui continuarono a parlare, lei in tono affettuoso, egli in tono gaio. La voce sconosciuta non era giovanile. Pareva che disputassero sul vedersi o non vedersi all'indomani. E così? disse finalmente miss Yves. A posdomani mattina? A posdomani rispose l'altro. Alla stazione alle sei e mezzo. Si salutarono. L'uomo entrò nel caffè e Violet si chinò avanti per parlare al cocchiere.

Miss Yves alzò la testa e mi diede il buon giorno con un lieve sorriso, tranquillamente. Non vidi che viso avesse, perchè voltava le spalle alle finestre. Le bambine mi guardavano, attonite. Lei scriveva? dissi, in tono di scusa. Violet mi rispose sotto voce, in inglese, qualche cosa che non intesi bene. Per me? domandai. diss'ella. È subito finito soggiunse. Non posso dirle questo a voce.

Sente, sente, sente? disse, interrompendomi, il mio amico Topler a miss Yves, È contenta? Violet mormorò qualche parola che non s'intese. La signorina è inglese, capisce? mi disse Topler. Io sono un vecchio gufo selvaggio della Selva Nera che adesso vuole diventare un pappagallo della buona societ

Tocchi dunque! diceva quindi con voce concitata il dottor Topler: beva dunque! Non potevo vedere a chi parlasse; ma non era difficile immaginarlo. Dio, come Violet doveva soffrire, com'era doloroso e dolce per me di sentirlo! Scrissi presto i versi cui nessuno poteva intendere tranne lei. Si volle ad ogni modo che io li recitassi; si era curiosi della loro musica.

Tacqui delle lettere direttemi da Violet e delle sue ultime confidenze. Dissi solo che Violet mi amava e che mi respingeva per voler mantenere la parola data liberamente al professor Topler. Soggiunsi che avevo fede, per tanti segni misteriosi, in una volont

Si capisce diss'ella ridendo che Lei ammiri tanto tutto quello ch'è inglese, ma si provi d'esser sincero, se lo può! Mi dica se, come artista, preferisce la donna nella nostra letteratura o nella inglese; mi dica se le donne di Goethe non sono più vere delle stesse donne di Shakespeare! Oh! fece Violet come se non potesse prestar fede a' suoi orecchi. Ma ! riprese la signora Emma. Più vere!