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Aggiornato: 15 giugno 2025
L'indomani mattina brillava il sole. Fui alla stazione un'ora prima del tempo. Solo allora, passeggiando su e giù per il piazzale deserto fra la Stazione e la Posta, mi venne in monte che Violet poteva aver mutato piano, che qualche impedimento poteva essere sopraggiunto.
Non so come la guardai; certo il mio sguardo ebbe qualche cosa di singolare, perchè ella arrossì e si mise tosto a discorrere co' suoi compagni. Era tedesca, bellina, aveva una voce piuttosto aggradevole e trovava che il lago di Nemi era märchenhaft. Io trovavo in lei un'ombra di Violet. Gentile straniera, avete indovinato perchè vi guardavo?
Cominciarono ad arrivare le carrozze, e, per fortuna le mie angustie non furono lunghe, il landau di Violet comparve dal Frauenthor alle sei e mezzo. Tre signore ed un cavaliere accompagnavano miss Yves. Ella era così pallida! Sorrideva però. La vidi scendere faticosamente di carrozza.
Mi parve che Violet non fosse molto persuasa de' miei progetti, che temesse di esser lei la causa d'una risoluzione simile. Ne parleremo diss'ella col suo sorriso dolcissimo. Parleremo seriamente di molte cose serie, non è vero? Poichè dobbiamo avere tanto giudizio! Allora si parlò del nostro matrimonio.
Io ero commosso sino al fondo dell'anima, mi mancava il respiro; Violet pure ansava, con una faccia smarrita. Stesi le mani come a prendere le sue. Ella accennò rapidamente alle bambine, onde compresi che, sola, me le avrebbe concesse. Lo prometto le dissi in italiano, con voce soffocata. Mi crede, non è vero? Violet rispose, pure in italiano: Sì. E si alzò.
Nè lei nè Violet capivano quest'idea, e Paolo non lasciò loro il tempo di pensarvi. Appena potei abbracciare questo incomparabile amico e dirgli una parola di gratitudine. Egli trascinò via sua moglie e disparve nella pioggia. Due minuti dopo arrivò il treno da Assmannshausen.
Mentre le altre mi chiedevano di una di quelle persone che allora si trovava in Italia, ella si mise a interrogare sotto voce miss Yves e poi ad accarezzarla, a susurrarle non so che all'orecchio, probabilmente delle dolcezze. Violet un po' negava del capo, un po' sorrideva, un po' pareva seccata, ma non parlò. Fu il dottor Topler che la vinse.
In dieci minuti fui nella Theresienstrasse, passando accanto ai viali ombrosi della Burg, dove forse Violet soleva passeggiare, e trovai, presso una fontana, la casa indicatami. Era elegante, nello stile del Rinascimento tedesco, con i balconi sporgenti e i pinnacoli dal cappello chinese sugli angoli del tetto. Due finestre vicine, al primo piano, avevano fiori. Erano quelle di Violet?
Oh no! esclamò Violet. Tatti la guardarono sorpresi ed ella arrossì forte. Cara, non voleva ch'io rinnegassi l'arte della mia patria.
Trasalii; anch'io ne avevo spesso dopo Assmannshausen, ma li cacciavo come pensieri maligni. Se Violet mi pareva pallida e dimagrita, cercavo persuadermi che fosse per effetto di tante agitazioni passate, non volevo confessare a me stesso che ogni mattina, recandomi da lei, tremavo di trovarla malata. Ora le chiesi se si sentisse male, protestai di non voler salire al Drachenfels.
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