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In quel tempo in cui dal faro di Genova pendevano i lampioni fumigati e le galee a velatura e palamento, dall'alta poppa teatrale, sparando una straccia di bombarda, si piegavano su un fianco, in quei tempi in cui una barca metteva fuori tanti remi da sembrare un millepiedi, si poteva incominciare con quei versi la descrizione di Genova, prendere l'aire, e gonfiarsi su fino al settimo cielo della poesia. Benedetti tempi! Perchè non sono io nato allora? Allora non c'era questo vezzo ribaldo di schizzare degli acquerelli fuggi fatica: così, e così, quattro pennellate, senza fondo, senza un contorno deciso, magari spropositati di disegno, su un brandello di carta qualunque, per far ridere una marinara che non ci capisca un ette, per far sorridere una marchesa, la quale indovina la sua silhouette elegantissima nei tratti del pennello tinto d'azzurro. Lasciamola . A quei tempi c'era l'incisione scrupolosa che vi dava l'idea dell'infinito mare con mille o mille dugento righe orizzontali e digradanti. La citt

Bei tempi, bei tempi! e chi non ha di somiglianti memorie, piccoli quadri dell'adolescenza, che si richiamano, si ridipingono e s'incorniciano tra le meditazioni dell'uomo adulto, belli di quella velatura ineffabile che distende sovr'essi la lontananza degli anni?

Un fiore di geranio rosso collocato leggiadramente sui capelli armonizzava cogli orecchini che le pendevano dalle orecchie, e con un filo di corallo che le cingeva il collo. Una leggierissima velatura di farina copriva quella deliziosa apparizione, e dava al suo viso il vellutato delle pesche non ancora spiccate dall'albero.

Quando la Nina spiegò al vento la sua velatura nuova, dovette affrontare i giudizi delle altre navi, che l’aspettavano per muovere di conserva con lei. Il marinaio è criticatore per eccellenza; figuratevi se poteva essere risparmiata la Nina, il giorno che si presentò in riga così trasformata. La critica alle sue vele fu come un sorriso, il primo, in mezzo a tanti giorni di nera malinconia.

È il contagio disse Giorgio, con una velatura di sorriso. Della persona? gli domandò Ferrante, serio serio. Anche. Ma è Venezia, sovra tutto. Io non posso ritornare in questo paese, senza sentir rinascere in fondo al cuore tutte le onde soffocate di tristezza. Anche voi? mormorò Grazia, abbassando gli occhi. E perchè ci vieni? chiese Ferrante. Perchè scavare in questi strati così amari?

Come egli parlava, pianamente, con quella velatura d'ironia che rendeva triste la sua voce, con quel senso di disdegno che rivelava l'uomo esperto delle tempeste, come egli le veniva dolorosamente dimostrando la inanit

Riusciva egli nel suo tentativo? Non so. Forse ne dubitiamo noi, che siamo nel segreto, non potendo immaginare che altri non lo indovini alla prima. Comunque fosse, quello sforzo del leggiadro novizio dava al suo discorso una certa velatura di suoni gutturali, che non dispiaceva punto, anzi poteva parere una grazia di più.

Infatti la moglie aveva la suprema direzione degli affari, il marito e l'asino facevano il resto. Lo squallore del volto del mugnaio, aumentato dalla velatura di farina che avvolgeva tutta la sua persona, contrastava grandemente colla freschezza della moglie, la cui rara avvenenza era rilevata da una salute così vegeta che sforzava le cuciture.

Scherzava con quella ironia cortese che serviva a nascondere il proprio pensiero. Luisa crollò il capo, tristemente: l'incanto si dileguava; ella udiva un'altra volta, mentre Massimo parlava, quella velatura di sogghigno che guastava quante affettuose cose egli dicesse. Tentò di riafferrare un minuto di dolcezza: Chiamatemi ancora gli disse pregandolo.

Precedendo di qualche passo i compagni, il padrino Adelindo entrava nel chiostro. Il viso, incoronato da quella bionda zazzerina che sapete, si mostrava tutto di un incarnatino tenero, pari al colore delle rose bengalesi, che trasparisce da una velatura di bianco. E gli occhi! Che dirvi degli occhi?