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Alcuni vi si appassionavano a tal segno che ogni altra cura passava per loro in seconda linea. Il giuoco era fascino morboso, ossessione. Lunghe ore del giorno, intere notti, essi rimanevano attaccati a quelle sedie, a quelle tavole: gli occhi avidamente fissi sui gruzzoli di monete che facevano monticelli nel centro; lo spirito tremebondo al muovere di una carta, dalla quale dipendeva la sorte loro, della loro famiglia. Il ricco d’oggi poteva non esserlo più domani; senza testamento, l’ultimo giocatore diventare il facile erede d’un feudo. L’eguaglianza di ceto regnava sovrana tra disuguali per censo; ogni cuore chiudevasi alla piet

Benchè il tono di Luchino gli paresse fiero e risoluto oltre l'ordinario, ed egli si sentisse in colpa, nonostante quello sciagurato, persuaso o volendo persuadersi non fosse altro che una celia, fece ogni prova per voltar la cosa in burla, con una affettata paura ed uno svenevole accoramento. E Luchino, sodo. Come dunque egli vide il padrone ripetere l'ordine con un fare davvero spaventevole, e nessuno dei circostanti mostrar segno di favore di compatimento, e il carnefice ghermirlo senza cerimonie, fu preso da tanto sbigottimento, quanta era dapprima la sua baldanza. Bianco siccome un panno lavato, tremebondo come un paralitico, non reggendosi sulle ginocchia, mentre il boja ora lo tirava, ora lo spingeva, strillava al pari di un'aquila, chiamava misericordia, e volgendo la faccia contrita, raccomandavasi ora al padrone, ora al prelato, ora ai figliuoli, e massimamente alla signora Isabella e alle dame di lei, rammentando ad esse che aveva tre mogli e una nidiata di puttini. Poi, vedendosi non ascoltato dagli uomini, non lasciò santo che non invocasse; implorava almeno di confessarsi, di salvar l'anima; ma nessuno facea viso, non che di esaudirlo, neppure di commiserarlo; e il maggior loro da fare era il tenersi serj e composti, a malgrado dell'enorme antitesi fra quel vestire, quel ceffo, e quelle supplicazioni. Ed oltrechè per abitudine non pendevan troppo alla piet

Cusì fin hora sempre nel profondo Vivo morendo fuor d'ogni speranza Timido paventoso e tremebondo Nudo di quel che a tutti gli altri avanza E s'io dico talhor volto gicondo Muta questa tua folle strana usanza Un tal sguardo me spieghi horrendo e crudo Che a rimembrarlo solo agiaccio e sudo.

Ernesto Pozzi è tutto quel che di più brianzuolo ci sia e ci tenga ad esserlo. Nato ad Acquate il 9 luglio 1843 il paesello del favoleggiato Don Abbondio negli ammirabili Promessi Sposi era spiegabile che i suoi volessero farne fuori un successore al tremebondo curato manzoniano. Però fra le mura del seminario di S. Pietro in Barlassina il piccolo Ernesto non trovò la vocazione pel santuario; sicchè, compiutivi i primi studii, spogliò la veste talare e le brache corte, ed il liceo Beccaria di Milano ebbelo fra i suoi più vivaci e più svegliati scolari. Ma nel 1860 c'era ben altro da fare che studiare filosofia. Ed Ernesto mise sotto chiave i sillogismi e se ne andò in Sicilia colla seconda spedizione, che ebbe nome dal generale Medici. L'et

In tal modo il parlamento faceva da manovale a una reazione vendicativa, e la trappoleria repubblicana era uno schifo per ogni uomo sincero e onesto. Come mai istituzioni di tal sorta avrebbero ispirato un tremebondo ossequio a un principe imperiale? Non cadeva dubbio, che il presidente avrebbe battuta una terribile strada, verso la meta a cui una fede fatalistica lo sospingeva. Era la strada sicura, tanto più che all'indole senza scatti e per nulla impassibile del nipote era completamente estraneo quel gusto brutale delle azioni violente, che era proprio della natura guerriera dello zio. Se altra strada non fosse stata davanti, che quella della violenza, a tutti coloro che conoscevano il passato di cotesto cinico sarebbe parso evidente che egli, stimolato dalla temeraria sfrontatezza di Morny, avrebbe rotto il giuramento con la fredda calma di un giocatore, che onora il successo come suo Dio. E, in verit