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Forse vi è pure qualche cosa delle idee di quel parroco conosciuto dal Manzoni, nel battibecco fra Agnese e Don Abbondio sul titolo da darsi al cardinal Federigo "illustrissimo" o "monsignore" o "eminenza," ove Don Abbondio prova che il Papa ha decretato che i Cardinali si chiamino eminenze, perchè troppi si appropriarono il titolo d'illustrissimi. Un giorno, è vero, si chiameranno tutti eminenze, gli abati, i proposti, ma intanto per un po' di tempo, perchè gli uomini son fatti così, sempre voglion salire, sempre salire, i soli curati a tirar la carretta, e a pigliarsi del reverendo fino alla fine del mondo. Piuttosto, non mi meraviglierei punto che i cavalieri, i quali sono avvezzi a sentirsi dar dell'illustrissimo, a esser trattati come i Cardinali, un giorno volessero dell'eminenza anche loro. E se lo vogliono, vedete, troveranno ehi gliene dar

I Promessi Sposi. I Promessi Sposi furono qualche cosa d'impreveduto e di singolare, non pure nella letteratura italiana, ma nella vita stessa del Manzoni. Per quanto i Cattolici abbiano desiderato farne il loro proprio romanzo, nessuno avrebbe mai immaginato che dalle mani dell'Autore degl'Inni Sacri e delle Osservazioni sulla Morale cattolica sarebbero usciti i tipi di Don Abbondio e della Signora di Monza. Come intorno alla conversione religiosa, furono fatte e scritte parecchie congetture intorno alla vera origine dei Promessi Sposi. Pare che, nel primo concetto, il soggetto principale del romanzo dovesse essere la conversione dell'Innominato; e ci vuol poca fatica a indovinare da quella scelta, che il Manzoni voleva ancora col proprio romanzo adombrarci un episodio della propria vita. Secondo il Sainte-Beuve, l'idea di eleggere la forma del romanzo sarebbe venuta al Manzoni dall'intendere che in quel tempo il Fauriel meditava anch'esso un romanzo storico, del quale pare che la scena dovesse collocarsi in Provenza. Ma poichè l'affermazione del Sainte-Beuve mi pare alquanto vaga o non è probabile che il Manzoni abbia fatto un romanzo solamente perchè il Fauriel ne volea fare un altro, ma più tosto si crederebbe vero il contrario, cioè che il Fauriel trovandosi a Brusuglio, quando il Manzoni avea gi

Si assise nel suo posto prediletto; come Don Abbondio si messe le dita nel collare per poter dare una guardata a destra e a manca; ma non ebbe da compiere quella doppia voltata di testa, e rimase fermo a destra. Domineddio aveva fatto un miracolo per lui; la signora stava in giardino.

E così avvenne che, tra il e il no, rimanesse a mezz'aria. Avrebbe voluto mettersi due dita nel solino, per rassettarselo intorno al collo, ma si ricordò in tempo di Don Abbondio, e finì per lasciar ricadere il braccio disteso, lungo la costura dei calzoni, nella posizione del soldato senz'armi.

Quella donna credeva fermamente che il «mandato» dell'esercito italiano fosse di far la festa ai preti, come diceva don Abbondio. Ora lamentatevi, se vi pare, ch'essa non abbia messo fuori dalla finestra la bandiera tricolore.

«Giuseppe Balsamo!... chi era costuipotrebbe chiedersi con D. Abbondio del Manzoni il lettore non bene informato: e noi lo toglieremo di dubbio aggiungendo che Giuseppe Balsamo era il Conte Cagliostro.

Ernesto Pozzi è tutto quel che di più brianzuolo ci sia e ci tenga ad esserlo. Nato ad Acquate il 9 luglio 1843 il paesello del favoleggiato Don Abbondio negli ammirabili Promessi Sposi era spiegabile che i suoi volessero farne fuori un successore al tremebondo curato manzoniano. Però fra le mura del seminario di S. Pietro in Barlassina il piccolo Ernesto non trovò la vocazione pel santuario; sicchè, compiutivi i primi studii, spogliò la veste talare e le brache corte, ed il liceo Beccaria di Milano ebbelo fra i suoi più vivaci e più svegliati scolari. Ma nel 1860 c'era ben altro da fare che studiare filosofia. Ed Ernesto mise sotto chiave i sillogismi e se ne andò in Sicilia colla seconda spedizione, che ebbe nome dal generale Medici. L'et

Forse, nel momento che s'induceva a scrivere la severa e giusta sentenza, egli ripensava il processo di creazione con cui erano venuti fuori nei Promessi Sposi i diversi personaggi: Don Abbondio, Perpetua, padre Cristoforo, don Ferrante da un lato: l'Innominato, la Signora di Monza e il Cardinale Borromeo dall'altro; gli uni tutti di un pezzo, organici, figli soltanto della sua immaginazione; gli altri messi insieme con elementi imposti dalla cronaca e dalla storia.

Erano cento cavalieri, tra i quali dei vecchissimi e dei giovanissimi, neri e capelluti; alcuni su cavalli stupendi, bardati con insolita pompa. Il caid, Abù-ben-Gileli, era un vecchio tarchiato, d'aspetto severo, di modi recisi, del quale e dei suoi soldati, si sarebbe potuto dire quello che diceva Don Abbondio dell'Innominato e dei bravi: Per tenere a segno quelle faccie , non ci vuol meno di questa faccia qui; lo capisco anch'io. Senza un riguardo al mondo per il grano e per l'orzo maturo ch'era dai due lati della strada, i soldati lanciarono i cavalli al galoppo di qua e di l

La vera potenza della fantasia poetica si manifesta nella creazione di persone vive che la storia poi registra nello stato civile dell'arte; e l'amico Pica sa meglio degli altri, che c'è voluto certamente maggior potenza d'immaginazione per mettere al mondo don Abbondio che non per profondere attorno ai fantasmi di Belkiss e di Sofesamin tutti i colori orientali ed africani.