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In alto il marchese e Marco, tristi, cinici, ipocriti, raggiratori, senza coscienza, crudeli, rotti a ogni vizio: e, in mezzo alle aiuole di fiori, tra i boschetti verdeggianti, Adolfo e Diana: cioè la bont

Taluno fra quei buoni si lasciò, poco prima del moto, sedurre dal raggiro monarchico e scese, a insaputa del nucleo, a patti coi faccendieri torinesi che mentivano quando promettevano ajuti ma che presentivano possibile l'insurrezione e miravano a impadronirsene. Errarono tutti e lo noto perchè l'errore si ripete generalmente nelle insurrezioni e le svia affaccendandosi a prestabilire un governo. Il governo d'una insurrezione deve sorgere dall'insurrezione stessa; tra i più arditi e a un tempo avveduti a guidare il popolo nella lotta. Scegliendolo prima, la scelta cade inevitabilmente sovr'uomini stimati influenti per uffici anteriori o ricchezza o tradizioni di famiglia, buoni forse, ma che non avendo il segreto dei santi sdegni e delle sante audacie del popolo, non hanno fiducia in esso intelletto d'iniziativa rivoluzionaria coscienza del fine cercato dall'insurrezione e tradiscono, sovente inconsci, il mandato per ignoranza o paura. Noi vedemmo nell'ultimo mezzo secolo insurrezioni repubblicane date al governo d'uomini d'opposizione monarchica insurrezioni contro il dominio straniero fidate a individui che avevano patteggiato con esso accettandone incarichi pubblici insurrezioni preparate e iniziate, come in Polonia, dall'elemento democratico, cedute all'influenza di principi e aristocrazie, consumarsi miseramente in un cerchio di transazioni che senza fruttare un solo ajuto reale dai governi, incepparono, limitarono, spensero l'energia popolare e l'entusiasmo delle nazioni sorelle. In Lombardia dacchè per inopportuna modestia, fiacchezza o noncuranza colpevole, i promotori dell'insurrezione si ritrassero dal dirigerne lo sviluppo il governo fu dato a uomini inetti come Casati, aristocratici come Borromeo, raggiratori come Durini: anime di cortigiani che non potevano vivere senza padrone e cacciarono popolo, libert

Il Popolo d'Italia, lasciato alle proprie aspirazioni, non traviato da calunnie, risponderebbe: non può. I raggiratori che strisciano intorno alla piramide del potere vorrebbero di più. Diseredati di fede e veneratori materialisti dell'opportunit

E il popolo era, come sempre, diverso da' suoi raggiratori e presto a incontrare ogni sagrificio per mantenere intatto l'onore del paese. Il fermento era generale e generale il grido di resistenza. Radunanze patriotiche di diecimila uomini a Reiden, di ventimila a Viediken, ne facevano fede.

Il Paese ricorda da quando il Governo del padre del vostro re spargeva in Genova, nel 1832, voce nelle caserme di veleni destinati al presidio che calunnie siffatte ricomparvero a ogni minaccia di moto, a ogni paura che la coscienza dei vostri falli vi suscitò dentro; chiarite poco dopo menzogne architettate ad aizzare i pregiudizî d'una o d'altra classe di cittadini contro i vostri avversarî. Il Paese e per Paese non intendo le poche centinaja di raggiratori che servono oggi, lucrando, voi, e servirebbero noi domani se potessimo mai accettarli, ma i milioni di onesti cittadini che possono essere talora traviati, non corrotti e calunniatori conosce voi e comincia a conoscere noi. Quei milioni hanno veduto voi escir dal potere impinguati di facolt

Non basta a darne ragione il difetto d'educazione politica, il lungo servaggio, l'influenza addormentatrice d'un pugno di raggiratori o d'inetti che riuscirono a usurparsi i frutti delle opere altrui, e dai quali il paese, se si svegliasse, si libererebbe in tre giorni.

Fin dall'aprile, per odio ai volontarî e obbedienza alla diplomazia, l'impresa del Tirolo s'era abbandonata. Il Friuli era perduto e aperto al nemico. E perduta era la provincia veneta, dove Padova, Vicenza, Treviso, Rovigo, l'una dopo l'altra cadevano senza che un soldato del re movesse a soccorrerle: ai regi importava, non di salvare il Veneto, ma di strappare, col terrore della rovina e con false speranze di redenzione, a Venezia il voto del 5 luglio. Promesse date a governi stranieri contendevano ogni operazione e poteva riescir decisiva contro Trieste. La flotta sarda, in virtù d'obblighi reiteratamente e inesplicabilmente contratti, si rimaneva inattiva: l'11 giugno, ad ajutare in Venezia i raggiratori della fusione, s'era annunciato che in un coi Veneti i legni sardi avrebbero tentato una impresa; ma, raggiunto l'intento, l'ordine di mossa si rivocava. Gli Austriaci, rinforzati a lor senno, maturavano gli estremi disegni. Poco dopo il decreto del 12 maggio, il re di Napoli aveva richiamato le sue truppe. Le dichiarazioni del papa a Durando avevano reso pressochè inutili gli ajuti romani. L'atto di fusione aveva, rivelando nuovi pericoli ai governi italiani dall'ambizione della casa di Savoja, tolta ogni speranza di cooperazione da parte loro; aveva, col fantasma d'una costituente sardo-lombarda, irritati più sempre i timori, gli odî e maneggi segreti dell'aristocrazia torinese. Le tristi necessit

Ricordino essi allora l'insegnamento. I Piemontesi hanno l'obbligo di provare all'Italia e all'Europa che essi sono Italiani e non servi d'una famiglia di re, ch'essi mossero alle battaglie nei piani lombardi, non come cieco stromento di voglie ambiziose d'un uomo o di pochi raggiratori, ma come apostoli armati del più bel concetto che Dio possa spirare nei petti umani: la creazione d'un popolo, la libert

Lasciamo i tristi gazzettieri all'oblìo. Ma tra gli uomini che s'intitolano, non intendiamo il perchè, moderati, come se tra il bene e il male del paese la parola moderazione potesse aver senso, al di sotto delle poche centinaja di faccendieri raggiratori che invadono le altre sfere, sono migliaja d'Italiani che amano come noi la patria, illusi di buona fede sulle vie che guidano al suo incremento e non d'altro colpevoli che di lasciarsi ciecamente ingannare, tra per soverchia arrendevolezza d'animo, tra per ignoranza di noi e delle nostre idee, da quei pochi raggiratori. Molti fra i nostri confondono queste due classi d'uomini e hanno torto. I primi illudono, e con essi s'ha da fare assoluto divorzio: i secondi non sono che illusi, e ci corre debito fraterno d'insistere a illuminarli e richiamarli al severo esame dei fatti. E a questi diciamo: Voi non avete in Italia minaccia di pericoli sociali, di guerre tra classe e classe, di sconvolgimenti inspirati da ree passioni o da cupidigie volgari. Gli artigiani delle nostre citt