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Chi avesse posto il piede nella sua stanza, senza saperne altro, avrebbe al certo potuto indovinare chi egli fosse e che facesse. La sera prima, nella gran sala ducale dove erano intervenuti tutti i cortigiani del Conte di Virtù, il fiore de' cavalieri e delle gentildonne milanesi, egli s'era fatto applaudire col suo liuto e col suo canto.

Ma invano: onde una nube di dispetto gli passò sul volto severo. Se non che Ramengo da Casale, uno dei cortigiani sempre disposti a piaggiare, qualunque essa sia, la passione dei potenti, si fece accosto a lui, ed inchinandolo con adulatoria sommessione, esclamò: Se vuolsi trovare qualcosa di grande negli uomini, o qualcosa di bello nelle donne, è forza ricorrere al nome de' Visconti».

Giunto a Milano, si ferma in un sobborgo, e non vuole entrare nella Corte imperiale, malgrado le insistenze dei cortigiani che, presaghi della sua prossima fortuna, gli stavano al fianco, e lo costringevano a meglio curare le vesti ed il contegno, così da trasformare lo studente di filosofia in un soldato ed in uomo di corte⁴⁹. Eusebia, intanto, cercava, con mezzi ripetuti, di infondergli coraggio e confidenza in lei.

«Monsignor Conte, ora vedo che la fama, per quanto dica della vostra alta cortesia, non può tanto dire, che le voci al paragone non vengano meno. Io m'era qui recato per farne esperimento, e vedere se nell'ora della pompa avreste sdegnato volgere il guardo al servo di Dio, stanco dagli anni, e travagliato dal cammino: ma voi, Conte, avete lasciato l'orgoglio ai cuori codardi, che se lo hanno tolto signore; i quali, per quanto sieno circondati di ossa e di carne, nol potranno mai celare all'occhio dell'Eterno.» E qui girò severamente la faccia ai circostanti cavalieri, che troppo erano cortigiani per abbassare la loro, e che gliela mostrarono da un punto all'altro tutta ridente. Il buon romeo, disdegnando le lusinghe, come innanzi il disprezzo, continuò favellando al Conte Raimondo: «Voi non vergognaste adempire le speranze del povero, che aveva posto in voi fede; voi gli profferiste quello di che abbisognava, senza ch'ei ve lo chiedesse, però che colui, che vede il bisogno, e aspetta la richiesta, quasi si apparecchia a negare; e voi sarete rimunerato in questa vita, e in quell'altra; con voi saranno le benedizioni del Signore; ei vi magnificher

"E chi sono cotestoro?" domandò la Regina, indicando i tre giardinieri che baciavano la polvere intorno al rosajo; perchè, capite, siccome giacevano sulle lor faccie, e il disegno del loro di dietro rassomigliava a quello del resto del mazzo, non sapea discernere se fossero giardinieri, o soldati, o cortigiani, o tre de' suoi proprii figli.

I cortigiani che accompagnavano Manfredi diressero gli occhi al punto in cui mirava il signore, e stringendo le palpebre quanto meglio poterono, aguzzarono la vista: pur finalmente, stanchi di nulla discendere, parlarono insieme: «Salva vostra grazia, messer lo Re, voi avete preso errore....»

Sire, non vi lasciate illudere dai cortigiani. Essi vi dipingeranno lo stato queto al di dentro, sicuro al di fuori. Essi mentono al re; voi passeggiate sopra un vulcano. Guardatevi intorno; scendete nel vostro cuore. Voi non potete fidar nel presente; voi siete incerto dell'avvenire.

Degeneri, mediocri amendue, lasciarono governare lor maestri de' militi, lor cortigiani, lor donne, loro eunuchi. Allora straripò, innondò la piena de' barbari vicini, premuti a spalle piú e piú da quegli unni che giá vedemmo sul Danubio, e di che si disputa tuttavia, da quali steppe dell'Asia fosser giunti, di quale schiatta, finnica, turca, o propria, fosser cresciuti.

Or avvenne che nel giorno settimo in cui il re aveva bevuto oltre il convenevole, volendo presentare all’ammirazione dei suoi cortigiani la regina Vasti, dotata, secondo lui, di maravigliosa bellezza, mandò ad invitarla al festino. Non si sa per qual motivo, ma probabilmente per un naturale e lodevole sentimento di pudore, la regina rifiutò d’intervenirvi.

Fu intanto riferito ad Enrico della grave ferita del suo favorito e del croio corridore. Anche al re salta il ticchio vincere la puntaglia; chè il re valeva ancor meglio del duca di Cosheim nel maneggio de' cavalli. Fu quindi il mio povero Licht novellamente bardato, e tratto nella cavallerizza. I cortigiani di Enrico vollero distoglierlo da quella prova, ma perciò appunto ve lo decidono più.