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Tuttavolta la prosunzione collettiva nel Piemontese occorre, e di molto; gli viene dai suoi maggiorenti interessati a fomentarla: gliela inocchiano i Giornalisti venduti; gliel'aizzano i Moderati consenzienti che altri divori, ed opprima a patto che possano rosicchiare essi, ed opprimere di seconda mano, trovo verso migliore a farla cessare, che uscire da Torino trasportando la sede del governo a Roma. I Torinesi per altra citt

|Di un libro sulla romanticomachia .| Questo libretto uscito di fresco agli sguardi dei torinesi è anonimo.

Perciò era corsa subito, non badando neppure a quello che avrebbero potuto pensare i torinesi, vedendo la sua nota livrea all'uscio di strada dell'onorevole Ariberti. Donna divina! pensò il nostro eroe, con quella medesima facilit

Fu uno scoppio di varie esclamazioni. Quella bella donna! disse l'uno. Quella civetta! soggiunse l'altro. È la più ambiziosa delle signore torinesi. Suo marito può pagarle tutto il lusso che la vuole, poichè è quasi altrettanto ricco quanto il nostro caro signor Bancone.

La giornata era bella, il tempo mite, la solita nebbia degl'inverni torinesi si lasciava lodevolmente desiderare, e un sole giallognolo mandava di sbieco un raggio fin sulla soglia della farmacia. Figuratevi se con un tempo simile il nostro signor speziale poteva starsene rinchiuso nella sua bottega! La graffiatura del suo naso era accuratamente coperta da un pezzetto di taffet

Così, se mai, mentr’egli teneva il circolo piazzaiuolo, qualche villano più timoroso cercava di sgattaiolarsela non visto, egli lo chiamava per nome e lo riprendeva scherzosamente di che non lo venisse a salutare; ma una Domenica che una famiglia codina di nobili torinesi, alloggiata per villeggiarvi all’albergo di Cogne, uscì di chiesa mentre egli stava in piazza e non perdonandogli la reggia del Quirinale, passò fra la gente fingendo di non avvertire la sua presenza, egli che bene li conosceva, disse ad alta voce: «Chi sono quei villani che non salutano il Re?» E poi, contento della lezione, riprese la celia.

Prospero Anatolio era malcontento di questo fatto, perchè lo avrebbe veduto volentieri per raccontargli tutte le feste e le cortesie di cui gli erano stati prodighi i Torinesi.

Ecco fatto; ripigliò essa, com'ebbe raffermati i fiori all'occhiello del soprabito. Ora, sedete un po' qua ed aiutatemi a dipanare questo matassino di seta. Vedete? Ho da disfare e ricucire una veste. Le vostre sarte torinesi non mi finiscono. Così; tenete a modo, colle mani più alte. E adesso?.... Come siete bella, Giselda! Vi pare? Oh, se mi pare! Io credo anzi....

Ma non ha visto Torino chi non ha visto i suoi sobborghi, ciascuno dei quali ha un carattere suo proprio, non abbastanza osservato, forse, neppure dagli stessi Torinesi. C'è da fare un giro curiosissimo, partendo da San Salvario, e andando su per l'antica piazza d'Armi e per il Borgo San Donato, fino a Borgo Dora. Il Borgo San Salvario è una specie di piccola «city» di Torino, dalle grandi case annerite, velato dai nuvoli di fumo della grande stazione della strada ferrata, che lo riempie tutto del suo respiro affannoso, del frastuono metallico della sua vita rude, affrettata e senza riposo; una piccola citt

Taluno fra quei buoni si lasciò, poco prima del moto, sedurre dal raggiro monarchico e scese, a insaputa del nucleo, a patti coi faccendieri torinesi che mentivano quando promettevano ajuti ma che presentivano possibile l'insurrezione e miravano a impadronirsene. Errarono tutti e lo noto perchè l'errore si ripete generalmente nelle insurrezioni e le svia affaccendandosi a prestabilire un governo. Il governo d'una insurrezione deve sorgere dall'insurrezione stessa; tra i più arditi e a un tempo avveduti a guidare il popolo nella lotta. Scegliendolo prima, la scelta cade inevitabilmente sovr'uomini stimati influenti per uffici anteriori o ricchezza o tradizioni di famiglia, buoni forse, ma che non avendo il segreto dei santi sdegni e delle sante audacie del popolo, non hanno fiducia in esso intelletto d'iniziativa rivoluzionaria coscienza del fine cercato dall'insurrezione e tradiscono, sovente inconsci, il mandato per ignoranza o paura. Noi vedemmo nell'ultimo mezzo secolo insurrezioni repubblicane date al governo d'uomini d'opposizione monarchica insurrezioni contro il dominio straniero fidate a individui che avevano patteggiato con esso accettandone incarichi pubblici insurrezioni preparate e iniziate, come in Polonia, dall'elemento democratico, cedute all'influenza di principi e aristocrazie, consumarsi miseramente in un cerchio di transazioni che senza fruttare un solo ajuto reale dai governi, incepparono, limitarono, spensero l'energia popolare e l'entusiasmo delle nazioni sorelle. In Lombardia dacchè per inopportuna modestia, fiacchezza o noncuranza colpevole, i promotori dell'insurrezione si ritrassero dal dirigerne lo sviluppo il governo fu dato a uomini inetti come Casati, aristocratici come Borromeo, raggiratori come Durini: anime di cortigiani che non potevano vivere senza padrone e cacciarono popolo, libert