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Venir da Salerno a piedi a preparare l'alloggiamento, e restar con una bocca secca come avesse mangiato presciutto!

VIGNAROLO solo. VIGNAROLO. La nostra vita è proprio come le fette del presciutto: un poco di magro e un poco di grasso, un poco di piacere e un poco di dispiacere. Quando stava in villa, mi pensava che la vita de' gentiluomini tutta fusse felicitá; ma or ho provato che ancor eglino hanno i loro cancheri e cacasangui.

PILASTRINO. Avresti da allegrarti e tenerti felice, che ho provisto robba a bastanza: ch'io ti so dir certo che t'avremmo mangiato al manco mezza cotesta tua giubbessa in su le spalle e da mano e nel petto; che sarebbe com'un presciutto appunto. LISTAGIRO. Oh! co! co! co! Tu mi farai crepare. E la berretta? Non n'hai fatto menzion.

L'allegria era assente. Si iniziò il pranzo con un bicchiere di vino bianco di botte e con del presciutto tagliato di fresco. Assaggiammo una minestra stata cotta sul fornello della trattoria esterna e attaccammo, con qualche appetito, un tacchino di Filighera e dei polli stati allevati in Liguria, che mandavamo giù tra una forchettata e l'altra di insalata giovine.

Era una formetta di cacio, una scatoletta di presciutto, un mezzo pasticcio di Strasburgo, poi ancora dell'altra roba, avvolta nella bella carta rosa e gialla, coi nastrini azzurri.... Numa, riconoscente, passava, ripassava fra le gambe del Direttore, strisciando, sfiorandole colla schiena e rizzando la coda.

Poi andava alla moscaiuola, prendeva le carni, le poneva sul ceppo, le tagliava e apparecchiava regolarmente, con tutte le cure e tutti gl’ingredienti indicati; prendeva la mezzaluna, faceva il battuto di cipolla, prezzemolo e presciutto, e lardellava lo stufato.

MASTICA. Se trovarete tal cosa, voglio esser squartato e attaccato per li piedi alle dispense come presciutto, e i miei quarti come carne salata. SENNIA. Ma io non vo' darti altro castigo se non che in questa casa, che tu hai poco onorata, non habbi piú mai da mettervi il piede. MASTICA. Voi burlate! io me n'entro. SENNIA. Ti lascierò fuor io, e non far piú pensiero d'entrarvi.

LECCARDO. Oimè, quella faccia piú bianca d'una ricotta, quelle guancie piú vermiglie di vin cerasolo, quei labrucci piú cremesin d'un presciutto, quella..., ahi! che mi scoppia il core,... DON FLAMINIO. Che cosa? sta male? LECCARDO. Peggio! DON FLAMINIO. Ecci pericolo della vita? LECCARDO. Peggio! DON FLAMINIO. È morta? LECCARDO. Peggio! DON FLAMINIO. Che cosa piú peggio della morte?