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Con voi rifaremo i conti fra breve, e staremo a vedere se, come a parole, vi manterrete prodi co' fatti. Intanto voi, mastro Alessandro, fate di applicare alla esaminata la tortura del taxillo. Ho io bene inteso, illustrissimo signor Presidente? Avete voi detto il taxillo? Il taxillo; per lo appunto il taxillo: ecci ella qualche nuovit

: ècci un pianto di fuoco, cioè di vero e sancto desiderio, el quale si consuma per affecto d'amore: vorrebbe dissolvere la vita sua in pianto per odio di e salute de l'anime, e non pare che possa. Dico che costoro hanno lagrima di fuoco, in cui piagne lo Spirito sancto dinanzi a me per loro e per lo proximo loro.

ISABELLA. Ècci nissun costí fuora? LELIA. Non si vede anima nata. CRIVELLO. Che diavol vòl colei? SCATIZZA. Questa dimestichezza è troppa. CRIVELLO. Sta' a vedere. ISABELLA. Udite una parola. CRIVELLO. Costor s'accostan molto. SCATIZZA. Che ! che ! ISABELLA. Sapete? Vorrei... LELIA. Che vorreste? ISABELLA. Vorrei... Accostatevi. SCATIZZA. Accostati, salvaticaccio!

E non ci è altra porta che gli conduca ad vita se non questa. Ècci la porta larga che gli mena a l'etterna dannazione; e, come ciechi, non pare che veggano la loro ruina, che in questa vita gustano l'arra de l'inferno. Però che in ogni modo ricevono pena, desiderando quello che non possono avere. Non avendo, hanno pena, e se e' perdono, perdono con dolore.

Io ho robbato un pezzo de legno in casa per scaldarme, adesso che fa freddo. E sai che lo mastro vole che oggi incominci li latini per li passivi e poi me vole leggere la Boccolica. Ma, alla , poi ch'io sono qua, voglio chiamare Minio e vedere se vole venire con esso meco alla scola: ben che lui non impara se non la santa croce. Tic, toc. CECA. Chi è ? LUZIO. Ècci Minio, in casa? CECA. , è.

Ma perchè di tuo scampo ecci nel core, Come è ben giusto, disianza estrema, Tutto che molto lieve il tuo dolore, Non poca parte del gioir ci scema; Pur così ti vuò dir: non ha timore Il buon Geloo, che tanto o quanto il prema; che la Dio mercè salva è tua vita, E di gloria immortai fia la ferita.

RITA. Madonna, el luogo ove che noi ci troviamo e la buona e onorevole pratica delle sante donne ove voi state saranno cagione di rendervi chiara senz'altri testimoni apresso di lui. FULVIA. Ecco la casa. Idio ci aiuti, ché costei ci dia buona risposta. RITA. La dará bene, . Aspettate, ch'io pichiarò. Tic, toc. CECA. Chi è ? che adimandate voi? RITA. Ècci la vostra patrona? CECA. , è.

BALIA.... Dice ch'ora è tempo dar ordine allo inganno ordito per turbar queste nozze del capitano, però desia parlarti su questo fatto or che la madre è in letto; che entri in questo vicolo che ti parlerá da quella fenestra secreta. OLIMPIA. Balia balia! BALIA. Figlia eccomi, ferita dell'anima mia! OLIMPIA. È qui Mastica? ecci alcun per le fenestre o per la strada che mi veggia?

LECCARDO. Oimè, quella faccia piú bianca d'una ricotta, quelle guancie piú vermiglie di vin cerasolo, quei labrucci piú cremesin d'un presciutto, quella..., ahi! che mi scoppia il core,... DON FLAMINIO. Che cosa? sta male? LECCARDO. Peggio! DON FLAMINIO. Ecci pericolo della vita? LECCARDO. Peggio! DON FLAMINIO. È morta? LECCARDO. Peggio! DON FLAMINIO. Che cosa piú peggio della morte?

Qui, come altrove, corre lo invitatorio del Diavolo: de malo in peius venite adoremus. Ecci l'acqua tofana; buona a nulla per un lavoro a garbo: cadono i capelli, si staccano le unghie, i denti si cariano, la pelle vien via a stracci, e tutta la persona si empie di luride ulcere sicchè, come voi vedete, ella lascia dietro a se tracce troppo manifeste e diuturne.