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«Non è in casa... rispose a fatica Bianca. «Non è in casa? sclamò l'Alemanno turbato; poi sentendo dar giù quel bollore dell'animo, proseguì umiliato: «allora.... perdonatemi.... mi perdoni, Bianca, io non lo sapeva...»

Scusatemi, se vi ho detto qualche parola pungente egli riprese, sottovoce. Ma la vostra dolcezza, inaspettata, improvvisa, mi ha sconvolto. Perdonatemi. Nessun cuore vi è più devoto del mio, signora.

Perdonatemi fece lui, levandole in faccia gli occhi supplichevoli. Amico, non ho nulla da perdonarvi disse Paola, soavemente. Sono un brutale: voi siete buona. No, no e fece per ritirarsi. Non restate mai un momento accanto a me mormorò lui con voce di pianto. Non posso, amico: questi signori hanno bisogno di fumare. Ecco il mio marito senza sigarette....

Or me ne vo' a casa sua e allor conoscerò se sarò stato Guglielmo o il vignarolo. Ditemi, signor Guglielmo, quando vi partiste per Barberia, quanti danari vi portaste per commoditá del viaggio? GUGLIELMO. Ducentocinquanta ducati, ché non potei complire trecento ché Avareggio, nostro parente, ne venne meno della parola. Perdonatemi, caro padre, se son stato tanto sciocco a non accorgermi prima....

Incauta! Perdonatemi, ma giacchè nell'inverno tali fiori sono rarissimi, non sarebbe bene approfittarsene? Se non lo sdegnate, vel porrò io con uno spillo sul camicino. Mary....

Te l'ho pur detto, il mio gabinetto dev'essere eguale a quelli delle donne turche; non ci voglio profani. Quel fiore, ah! quel fiore.... invano tu speri guarirmi della mia tristezza; se tu sapessi.... O mia padroncina, perdonatemi, esclamò ad un tratto Mary, tante bugie non le posso dire; e poi dirle a voi mi parrebbe doppio peccato mortale. Dunque? Dunque quel fiore mi è stato dato.

Mi tenni sulle generali uno sguardo supplice dell'inferma mi aveva messo sull'avviso. Tornai da solo l'indomani. Appena mi vide mi trasse vicino e mi disse sommessamente: Son sicura che voi non avete detto nulla al De Boni: ma perdonatemi, ho bisogno che me lo promettiate solennemente... egli deve credere quello che voglio io..... Mi ritrassi vivamente e la guardai con isgomento.

Il vostro rispetto è freddezza, è sarcasmo. Sapete che odio questa battaglia di freccie avvelenate. Signora Lieti, perdonatemi, se vi ho irritata. Non mi avete irritata, mi avete addolorata. E da quando in qua voi soffrite, signora? Ah il dolore è delle più trionfanti creature, sappiatelo! ella disse, battendo le palpebre per diradare le sue lacrime. Giovanni Serra tacque.

Longo, con le braccia conserte, la guardava. La sconosciuta soggiunse, piano, come parlando a stessa: Sono stata tradita... Era un cameriere d'albergo... L'albergo delle Tre Rose ai Lanzieri, dove siamo stati... Non v'è più... Partito... Sparito... Non v'è più... Longo si mise a frustare il selciato e a bestemmiare. Ella supplicava: È vero... Avete ragione... Perdonatemi...

TRINCA. Che tanti cicalamenti! Ecco vostro padre. ATTILIO. Trattienlo un poco. CLERIA. Venite su e rallegratemi. TRINCA. , , cicalate un altro poco. ATTILIO. Non m'impedite, di grazia, che trattiamo cosa per uscir da affanni. CLERIA. E come? ATTILIO. Non ho tempo di dirlo. CLERIA. Perdonatemi di grazia, ché la dolcezza di parlar con voi mi fa trapassare i vostri comandamenti.