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Oh bella! disse Orsara spalancando la bocca a un enorme sbadiglio. Siamo in tre soli? Naturale soggiunse Cataldo.... Francioni è disceso a Grosseto. E non ce ne siamo accorti? Sfido io... Quando si dorme... Voi, Varedo, non dormite in ferrovia? Questa notte non dormirei in nessun posto... Ah, è vero.... Scusate...

Così, in quella insolita depressione di spirito, tutto il suo bel sogno di gloria si scioglieva in fumo, e nella sua visione interiore si riaffacciava la scena funebre: una bambina moribonda o morta, una madre disperata. E quella bambina era Bebè, e quella madre era Diana! Uno dopo l'altro, automaticamente, mentre il treno s'avvicinava a Pisa, si svegliarono Orsara e Cataldo.

Cataldo tirò giù dalla reticella le valigie sue e quelle del compagno, infilò un leggero soprabito e aperse i finestrini. Auff, si respira... Un lungo fischio echeggiò nell'aria. Orsara, ancora sonnolento, si scosse tutto come un cane bagnato. Ci siamo. Varedo scattò in piedi. Aspettate qualcheduno qui? domandò Cataldo. Un dispaccio aspetto, o qui, o alla Spezia.

Erano d'accordo nel tener per fermo che l'incarico sarebbe dato a San Giustino, ma circa alla formazione del Ministero ognuno aveva la sua opinione. Se non fate parlare Varedo, è inutile disse con la sua vocina di musco l'onorevole Orsara ch'era seduto a uno degli angoli e succhiava un pezzetto di cioccolata. Quando vi ripeto che non so niente...

Ma! sospirarono i colleghi con quell'accento di simpatia discreta che le persone educate hanno sempre a loro disposizione come la moneta spicciola che si tiene nel taschino della sottoveste. Il treno divorava lo spazio. Col berretto calato sulla fronte, l'onorevole Orsara russava, Cataldo e Francioni sonnecchiavano a occhi aperti.

Oh grazie, Varedo... Credevo che dormiste anche voi... Questi qui sono due ghiri. In fatti Orsara e Cataldo non si mossero nemmeno quando a Grosseto Francioni fece aprir lo sportello e discese salutando Alberto Varedo.

Il treno correva, correva nella notte profonda; tutta la vettura oscillava, scricchiolava, tremava. Alla fioca luce che pioveva dall'alto, Varedo vedeva i suoi compagni dormire, diversamente atteggiati: Orsara, rannicchiato in un angolo, coi pugni serrati sotto il mento; Cataldo con la cravatta sciolta, le braccia ciondoloni, la testa dondolante, la bocca aperta; Francioni rigido come una sbarra, con le lunghe gambe distese fin sotto il sedile dirimpetto. Nei cristalli dei finestrini, chiusi, nonostante il caldo, per paura della malaria, si riflettevano con linee indecise le immagini del di dentro: la lampada, le pareti, i divani, le valigie nella reticella, le persone dormienti... e, insieme col resto, una faccia pallida, ansiosa.... Di tratto in tratto, con la rapidit