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Affila, per l’orgoglio e per l’insulto, per l’ambascia che cela il suo singulto, per l’invidia che con dilania, per la vendetta che in agguato palpita, per le madri accosciate sulle porte ad aspettar le creature morte: per ogni triste uomo e triste femmina ch’abbia commessa la colpa di nascere, affila, affila i tuoi coltelli a punta, fino a quando la cote sia consunta.

Allor li fu l’orgoglio caduto, ch’e’ si lasciò cascar l’uncino a’ piedi, e disse a li altri: «Omai non sia feruto». E ’l duca mio a me: «O tu che siedi tra li scheggion del ponte quatto quatto, sicuramente omai a me ti riedi». Per ch’io mi mossi e a lui venni ratto; e i diavoli si fecer tutti avanti, ch’io temetti ch’ei tenesser patto;

Io voglio saperlo, per gioirne; e del dolore far delizia pei sensi, urlo d’amore per l’anima, corona per l’orgoglio. Passa una coppia, ove non è la luna. Risa sommesse. Aneliti. Carezze senza piet

Per Dio che tutto vede e tutto sente, Pel tuo bieco passato, Per questa vita mia breve e morente Non ribellarti al fato; Lasciami e scorda. Oh, nulla ti trattenga: Favelli in te l’orgoglio. Vano ricordo io pel tuo cor divenga...» Egli disse: «Ti voglioInutilmente in quel desìo raccolto Infatti egli restò. Ma ancora, ancor gli sibilo sul volto: «Che fai? che aspetti?... No!...»

Sai quel ch’el portato da li egregi Romani incontro a Brenno, incontro a Pirro, incontro a li altri principi e collegi; onde Torquato e Quinzio, che dal cirro negletto fu nomato, i Deci e ’ Fabi ebber la fama che volontier mirro. Esso atterrò l’orgoglio de li Ar

Tipo di dama aristocratica, essa avea portata a Palermo la grandigia del casato onde veniva, e vi aggiungeva quella del nuovo nel quale era entrata. Ma con l’orgoglio del doppio titolo ebbe sfrenata la passione per tutto ciò che non fosse bello. Il mal corrisposto marito si divise clamorosamente da lei: e chi ne seppe le ragioni non potè non dare ragione a lui, che pure non era un santo. La infedelt

Ed egli, presso alla donna, in quella solitudine alta e grave, si sentì d’improvviso entrar nell’anima come l’orgoglio d’una vita più libera, una sovrabbondanza di forze.

E chi conta nel sonno il suo danaro, e chi in sogno combatte un suo rimorso, e chi con suggellate iridi un corso segue di fiume susurrante e chiaro: e l’amico e il nemico e il vile e il forte guardai nell’ora in cui l’orgoglio oblia la maschera: e mal fu: per chi lo spia il sonno è più tremendo della morte.

Allor li fu l’orgoglio caduto, ch’e’ si lasciò cascar l’uncino a’ piedi, e disse a li altri: «Omai non sia feruto». E ’l duca mio a me: «O tu che siedi tra li scheggion del ponte quatto quatto, sicuramente omai a me ti riedi». Per ch’io mi mossi e a lui venni ratto; e i diavoli si fecer tutti avanti, ch’io temetti ch’ei tenesser patto;

Dopo cena mi chiamò seco al solito nella sua camera, lasciando il cavaliere che doveva dormire in castello, col conte e con mio padre. Ed eccomi di nuovo al mandolino ed eccola di nuovo distesa sul canapè, gli occhi chiusi, attentissima. Io tremavo m’avesse a ringraziare della mia bugia locchè m’avrebbe messo in imbarazzo; ma non ne disse parola. Mi godevo l’orgoglio d’avere un secreto con lei, di sapermela tacitamente riconoscente. Ma, quando fui per andarmene: