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«Siccome prima di farsi monaca era Contessa di Ronano, così ha serbato ancora nel mondo molte amiche, che vengono spesso a vederla per tener con lei delle conversazioni edificanti e chiederle dei buoni consigli. Una di queste sue amiche è una Duchessa Lantieri, una signora grande, magra, che ispirerebbe molta soggezione, se non avesse una voce dolce e delle maniere che, invece, fanno innamorare. Un giorno, la Superiora mi disse di accompagnarla alla grata. Può immaginare che caso per me. Tremavo come una foglia, ma poi mi rassicurai, quando, alla grata, vidi una signora che mi fece un mondo di feste, e mi disse che un suo nipote era cugino del cognato d'una grande amica della mia povera mamma! Si figuri!... sentirmi a parlare della mia povera mamma.... mi vennero le lagrime agli occhi!... La Duchessa (era lei) mi consolò.... mi disse tante belle cose, e promise che sarebbe tornata a trovarmi. Infatti, quasi tutte le settimane anch'io andavo in parlatorio, e la buona Duchessa mi portava quasi sempre dei regalini, delle immagini sacre, belle, che non avevo mai viste le uguali, e dei libri devoti che formavano la mia felicit

Questa stupida monotonia di giorni non è vita per l'anima mia e per i miei ventisette anni! L'altr'ieri ho passato la Gazzetta di Venezia, dal 14 febbraio ai primi di marzo, guardando i nomi dei morti.... Mio Dio, quale spaventoso presentimento! Non osavo, tremavo: ridevo, alzavo le spalle e me ne andavo... Non ho trovato N.° del 23 e 24 febbraio. Che dubbio! Ma perchè...?

"Eccoli chiusi." "Ma badi che ci tengo; se li apre, m'inquieto!" "Non dubiti!" Il Gongora mi pigliò per mano e mi condusse innanzi: tremavo come una foglia. Facemmo forse una quindicina di passi e ci arrestammo. Il Gongora disse con voce commossa: Guardi! Guardai, e lo giuro sul capo dei miei lettori: mi sentii scorrere due lagrime giù per le guancie. Eravamo nel cortile dei Leoni.

Il mio supplizio deve essere eterno? 17 aprile. Un po' di giorni fa sono stato a Limbiate. Come ho ricordato i miei tormenti! Ho tentato di scrivere un racconto Tisi ed isterismo per scrivere i tormenti di un giovane e di una giovane: oggi trascrivo qui queste righe: «Il corpo sentiva addoppiarsi la vita e la robustezza, sentiva un veleno diffondersi prepotentemente per tutte le fibre: v'erano dei momenti in cui tremavo di febbre e sentivo come in me spezzarsi qualcosa, dei momenti senza mia coscienza in cui mi gettavo a terra, abbracciando l'immensa madre. Nei campi graffiavo a smuovere le zolle, cercando la feconda vita degli insetti e dell'erbe, odorava con volutt

Vedevo bene ch'ella stessa, in fondo, trovava singolare la mia idea, ma le bastava che venisse da me per accettarla e difenderla. Tremavo non si accorgesse dei cenni che Steele veniva facendo a sua moglie perchè si chetasse. Fortunatamente non ne fu nulla. Venga mi disse la signora Emma; guardi, uomo barbaro e crudele.

Ella pronunziò quest'ultima frase con una voce più sorda, con un accento indefinibile, quasi d'ironia e d'ira. Io non osavo alzare il viso e guardarla. Le sue parole mi davano un'atroce sofferenza; e pure io tremavo quando ella faceva una pausa. Temevo che ad un tratto le mancassero le forze e che ella non potesse più continuare.

Sparve costei d'aspetto alta e soperba, ed ove allor passava, in ogni canto seccar facea con fior e frondi l'erba, fin che di neve col gelato manto mi ricoperse intorno e monti e selve; di che tremavo con dirotto pianto.

Ma fu breve vittoria; alla ripresa, la vidi concedersi per vinta. Allora mi salì alle tempia un soffio di follìa, e senza volerlo e senza che altri me lo impedisse mi trovai ritto in piedi. Non tremavo più, non dubitavo più di me stesso!

Ella rimaneva abbattuta sul cuscino, senza rispondere. Mi chinai verso di lei. Tremavo d'un ribrezzo simile a quello che precede il freddo della febbre. Soggiunsi: È forse colui? Ella non rispose, ma si sollevò con un impeto disperato. Pareva demente. Fece l'atto di gettarsi su me, poi si trattenne.

Allora, tienlo a mente, di pieno giorno, all'improvviso, veggo il corridoio illuminarsi con luce più splendida della solare e sento sùbito un fruscio di passi e di stoffa.... Ho avuto paura!... Mi son messo a gridare: No! No!... Basta! coprendomi gli occhi con le mani. Tremavo come un bambino, sudavo freddo.