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Qual con ferrata zampa Ne le fumanti arene Orma il puledro stampa Ch'arabo eroe frenò, Tale in marmoree vene L'araba sesta osò Arco gentil, che ignoto Artefice addentella. Come fu vista il loto Iside Iddìa frangiar, E di meandri abbella Che le Peri intrecciar. Alterna il facil mirto Col nobile cipresso Ombre al sognante spirto, E di perenne umor Il murmure sommesso Molce a' gagliardi il cor;

L'oste chiuse l'uscio col paletto e se ne andò a far dare un fastello di fieno ai cavalli e un bicchier di vin bianco ai vetturali. Egli aveva collocato le sue sentinelle intorno alla casa, il guattero sull'uscio della cucina, la moglie sulla porticina dell'orto, Iside sulla porta della bottega colla consegna di tener a bada con ciarle, se mai capitavano, i carabinieri di ronda.

Anzichè lago della Ninfa, quel volume d'acque si sarebbe potuto dir occhio; un occhio limpido e sereno, a cui erano ciglia i faggi della riva e sopracciglia le prominenze della balza; uno di quegli occhi bovini, pieni di stupore, con cui Iside, o la santa natura, contempla il cielo suo padre e ne riflette l'immagine in terra. Ahimè, nient'altro che l'immagine!

Dal sacro fiume Egizio, Dal Gange e dal Giordano Alle colonne d'Ercole Che chiudean l'oceáno, Errante coi fenicii, Ape del sen fecondo, Ella versò sul mondo Il miel di sue virtù. E ad Iside e ad Osiride Eresse monumenti; E verseggiò le pagine Dei vecchi testamenti; E toccò l'arpa a Davide; E al popol patriarca Disegnò l'are e l'arca; E celebrò Visnù.

Gli osservatori si compiacciono in queste lande sociali ancora vergini, ove, di ogni sguardo, si squarcia un velo dell'incontaminata Iside. Il dottore infatti, scovriva costumi e maniere nuove, paesaggi potenti di splendore, di contrasti, d'inatteso: un lembo del mondo primitivo, perduto ai pie' dell'Italia, in mezzo al XIX secolo. Era un giorno di fiera.

Finalmente colla furia e colla divinazione d'una madre spaventata aveva scoperto il luogo. Scese di carrozza, entrò come un fulmine nell'osteria e colla forza con cui soleva una volta muovere un cesto di castagne, prese la mano d'Iside e parlando col solo respiro, disse: Menami dove l'ammazzano! Iside fu quasi trascinata da quella mano di ferro ai piedi della scaletta.

«Dato anche che voi aveste per fondatore uno di coloro che, trasgredendo la legge paterna, hanno avuto il castigo meritato, e preferirono vivere illegalmente ed introdurre una rivelazione ed una dottrina novella, voi non avreste ragione di chiedermi Atanasio. Ma avendo, invece, per fondatore Alessandro e dio protettore Serapide, insieme ad Iside, la vergine regina dell’Egitto... (qui il testo s’interrompe...) voi non volete il bene della citt

Non vuole però armi da fuoco che tiran gente. La spada non fa mai troppo male e permette il più delle volte ai duellanti e ai padrini di rimanere a mangiare un'insalata e una dozzina d'ova sode cotte da Iside, la più seria ragazza che Dio abbia creato per imbrogliare i conti ai signori avventori.