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Per l’infanzia di stenti e di percosse che ricordi tremando, pel tuo livido corpo miserando, per la fame che a venderlo ti mosse; pel trivio cieco, ove randagie e scarne ombre velate in viso offronsi col più squallido sorriso che mai finga il piacere in triste carne;

S’io potessi ritrar come assonnaro li occhi spietati udendo di Siringa, li occhi a cui pur vegghiar costò caro; come pintor che con essempro pinga, disegnerei com’ io m’addormentai; ma qual vuol sia che l’assonnar ben finga. Però trascorro a quando mi svegliai, e dico ch’un splendor mi squarciò ’l velo del sonno, e un chiamar: «Surgi: che fai?».

S’io potessi ritrar come assonnaro li occhi spietati udendo di Siringa, li occhi a cui pur vegghiar costò caro; come pintor che con essempro pinga, disegnerei com’ io m’addormentai; ma qual vuol sia che l’assonnar ben finga. Però trascorro a quando mi svegliai, e dico ch’un splendor mi squarciò ’l velo del sonno, e un chiamar: «Surgi: che fai?».

Turbami, che da se lunge non spinga De l'acerbo mio fin tanti sospetti; Ch'ella per suo cordoglio il mal si finga, E che mia morte, e mia miseria aspetti; Duolmi che 'n van tanto dolor la stringa; Ma debbo dar de' miei nemici a i petti Le spalle in guerra? e s'a pugnar mi chiede Giusta cagion, volgere in fuga il piede? Fia, che l'Asia di me tanta viltate, O pur l'Europa, cui minaccio, intenda?

GIACOMINO. Dici bene, però rèstati con queste signore e avvisa di tutto quello che passò nella nostra taberna; e io andrò a trovar un amico che finga Limoforo. Son vostro, anima mia. ALTILIA. Cor mio, non fate che, lontana dagli occhi, resti sepolta nell'oblivione. GIACOMINO. Voi sète piú viva nell'anima mia che non ci è l'anima istessa.

Venga qua! Finga d'essere entrato! Ecco: io me e sto qua a testa bassa modesta! E su! Metta fuori la voce! Mi dica con voce nuova, come uno che venga da fuori: «Buon giorno, signorina». Il capocomico (sceso gi

«Forse conosce la creatura» discorreva la mesta «l'arte di mentire l'affetto? forse le ha rivelato il Demonio come si finga una passione che m'inaridisce il cuore, mi sconvolge l'intelletto e mi consuma la vita? Finti gli atti cortesi, finto il lungo ossequiare, il guardo, la voce, l'amplesso, il bacio, finti? Non suonavano le sue parole ebbre di amore, non gli tremavano le membra, non sospirava profondo? Pure mi ha lasciata sola su la via dello spasimo; il pensiero dei parenti e del cielo può consolarmi; la mia passione dura più forte di loro. Rispondimi almeno se sei morto, ch'io sappia dove indirizzare il mio gemito: tenga la fossa il suo corpo, lasci libera l'anima, o tenga anche l'anima, pur che la lasci un momento per dirmi che non fingeva, che mi amava; questa apparizione è un baleno di tempo, poi l'abbia per tutta la eternit

Per quanta non curanza o si abbia o si finga delle cose d'Italia, in particolare del Veneto, la sua condizione ogni si presenta come una difficolt

PANURGO. Bisogna che tu finga esser uno sposo; e sconcierai la bocca, il viso e tutta la persona, di sorte che veggendoti il padre della sposa ti prenda a schivo e rivochi lo sponsalizio. MORFEO. Se non mi saprò sconciar bene, piglia una ascia e sconciami a tuo modo. Ma, di grazia, avendomi a sconciar la bocca, fammi mangiar prima.

Non m'hai detto tu stessa qualche volta che sono destinata ad essere la sua sposa? Certo disse la madre ma se vuoi che egli prenda molta stima di te, è necessario.... Ch'io finga di non volergli bene? interruppe l'Elisa.