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L'uno, come forse l'indovina il lettore, era quel tristo del Martigny, il maestro di scherma, che, uso a garbugli e a risse, aveva preso sopra di d'aggiustar con Damiano le partite dell'Illustrissimo e quelle ancora del cavalier Lodovico. Il compagno era un furfante, postogli a' fianchi per conto suo, dallo stesso signor Omobono.

Questi lo trasse in un canto del salotto. Messere, gli disse, l'illustrissimo mio padrone ha bisogno di voi, e vorrebbe parlarvi quest'oggi medesimo. Ed io sono bell'e pronto ai comandi dell'illustrissimo, sol che vogliate aspettare un quarticello d'ora. Aspetto anche di più, e attendete pure a fare il vostro comodo, solo è bisogno che non passi quest'oggi. Benissimo.

Perdonate, sapete, se pago di questa moneta i favori dell'Illustrissimo; ma in capo mi frullano certe fantasie così nere, che temo non mi faccia mal pro il suo gran pranzo, a cui son venuto in mal'ora. Confesso, che ne abbiam sentito di belle; cose, cose.... che fanno angoscia allo stomaco.... scusatemi un po'.... Lo dite dunque anche voi, dottore?

Per comando dell'illustrissimo capitano generale dei Genovesi, messer Pietro Fregoso, vi è intimata la resa; disse l'araldo; fatelo, e sia pel vostro meglio; se no, tra due ore si d

Fece silenzio, e fissò il mesto e penetrante suo sguardo nel viso accigliato dell'Illustrissimo; il quale, contro il solito, e a causa fors'anche della indisposizione che lo faceva a stesso più increscioso, non seppe sostener quell'occhiata severa, benchè in cuore s'infastidisse di non trovar parole per frenare, come avrebbe saputo in altro momento, la tracotanza dell'importuno visitatore.

Al suo entrare nell'anticamera del palazzo, i servitori si guardarono tra loro in faccia, con non so qual maraviglia: pensando forse che il modesto prete fosse qualche nuova premura della padrona, e che avesse preso in fallo lo scalone degli appartamenti dell'Illustrissimo, un d'essi, alzando il gomito con atto villano: Ha fallato, signor abate; dall'altro scalone.

Abbiate però giudizio, se vi piace di godere qualch'altra volta le grazie dell'Illustrissimo. No, no; qui mi par di soffocare; non è luogo per me: può stare, ma non ci vengo altro in queste sale. Buon per noi che, tra i nostri signori, per dir vero, ce n'è pochi di simile stoffa; altrimenti, s'avrebbe ragion di dire.... Eh! voi avete ancora troppa poesia in mente.

Forse vi è pure qualche cosa delle idee di quel parroco conosciuto dal Manzoni, nel battibecco fra Agnese e Don Abbondio sul titolo da darsi al cardinal Federigo "illustrissimo" o "monsignore" o "eminenza," ove Don Abbondio prova che il Papa ha decretato che i Cardinali si chiamino eminenze, perchè troppi si appropriarono il titolo d'illustrissimi. Un giorno, è vero, si chiameranno tutti eminenze, gli abati, i proposti, ma intanto per un po' di tempo, perchè gli uomini son fatti così, sempre voglion salire, sempre salire, i soli curati a tirar la carretta, e a pigliarsi del reverendo fino alla fine del mondo. Piuttosto, non mi meraviglierei punto che i cavalieri, i quali sono avvezzi a sentirsi dar dell'illustrissimo, a esser trattati come i Cardinali, un giorno volessero dell'eminenza anche loro. E se lo vogliono, vedete, troveranno ehi gliene dar

Non ho fallato; ho bisogno di parlare al vostro signore. Non si hanno ancora gli ordini dell'Illustrissimo, questa mattina. Andate a domandarglieli. Non si usa, signor curato, o quel ch'ell'è: ripigliò quel zotico, senza pur muoversi dallo scanno su cui stava a cavalcione.

Son io, e cerco dell'illustrissimo messere. A quest'ora? tornate domani; a quest'ora non riceve nessuno, quand'anche fosse sveglio. È sveglio senz'altro, ed io, da star qui, vedo il lume dalla finestra del suo studio. Io mi chiamo Elia Corvino, ed annunziatemi a lui, che vi dir