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Lo quale, in cambio di legger cosa, fallo signore de l'universo, criandogli di novo il cielo, il mar e la terra; e dapoi tanto, al paradiso terrestre mandatolo, quivi gli comanda che voglia solamente pascersi di contemplar quanta sia verso noi la divina misericordia, ma non quale e quanta sia la maiestade e potenzia sua.

Credo che donna sotto il ciel anchora Mai di me non fu vista, più infelice Seguo chi me odia, e fuggo chi me adora Pipistrel fommi: & posso esser Phenice Pur s'io non ho costui forza è ch'io mora Che a me star senza lui, viva non lice Non posso più cusì vol la mia sorte Pon sol duo in me, lui prima, e dapoi morte.

Dapoi li giorni e mesi, che 'n tal centro lordo il mio destin crescer mi fece, donna m'apparse a quel girone dentro, ch'indi sciolto mi trasse d'orbo in vece, poi molto altiera disse: Or tienti in mente, mortal, che piú tornar qui non ti lece! E ciò parlando, l'empia ed inclemente, nudo fanciul ne la stagion piú acerba lasciommi solo e sparve incontanente. Natura.

Egli sol è, che tra 'l pensier e l'atto non cape tempo, quanto esser può, breve; che producendo un fior non ha men leve fatica, ch'ebbe a far quanto è mai fatto. Quest'animal è di maniera tale, che, qual sia per venir, non vien presto; cosa non giá d'altro animal, ché questo vive dapoi, quell'è caduco e frale.

O voi omnipotenti & iniusti Dei Da cui tutto il mio mal nasce e deriva Udite almanco mei dogliosi omei Nanti ch'io giunga a la tartarea riva Dapoi che consentite che costei Facci l'anima mia de vita priva Udite il mio tormento, e vostro errore Che piettoso e iusto atto è udir chi more.

Quattro Musici in exortar Madonna Chyreresis ad amar: chi per lei more: cantano questa barzalletta. Mu: Dapoi notte: vien la luce. Chi è in fortuna, porto, spera: Perché dal matino, a sera: Varie cose il tempo, adduce. Dapoi notte: vien la luce.

Se dir volessi a mille e mille lingue, se por in carte a mille e mille penne, col senno ch'ogni groppo ci distingue, dramma del sommo ben ch'allor mi venne, dapoi che l'alta donna con le pingue di sdegno gote al ciel spiegò le penne, direi che tra' mortali l'esser mio saria non d'uomo anzi terrestre Dio.

Ma non esser, tanto dura Che potraite un pentire Spiace al ciel e la natura Far a torto, un huom. languire: Aymè sento, che al morire Tua beltade, mi conduce: Dapoi notte vien la luce. Ioventute presto passa: Tanto se ha quanto, se accoglie: Quella pianto, e ciaschun, lassa Che non frutta se non foglie: Però adempi ognun sue voglie Fin che 'l tempo in lui riluce. Dapoi notte, vien la luce.

E perché forsi, non comprehendi quanto Vivo in martyr, dapoi ch'io presi amarte Vogliotil palesar con duro pianto De sospir, in sospir, de parte, in parte E se non bagni il volto divo, e santo Pietosa gentil, potrò chiamarte Che chi sente un che pena, a cappo basso Si move alquanto, se non è, di sasso.

Voglio che 'n questa mia cetra cantiamo tutti noi tre successivamente qualche amoroso canto, come piú al suo particolar soggetto ciascuno de noi aggradirá. Io dunque sarò, piacendovi, lo primiero e cantarovvi di mia diva la summa cortesia, la quale dignossi mandarmi un bianchissimo panno di lino, lo quale, dapoi lungo sudore nel danzare preso, mi avesse a sciugare le membra.