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Tutte queste pitture vennero distrutte; la cappella, divisa in due piani ed in varie camere, venne ridotta ad uso di caserma, e si vedono con dolore gli archi gotici incassati nei muri ed avanzi di pregevoli affreschi, che erano, senza dubbio, della scuola di Giotto.

Questi pittorelli sono otri pieni di vento, e s'hanno a sgonfiare da . Sapessero almeno il valor delle tinte! soggiunse un altro. E invece mettono negli affreschi i colori di miniere, scambio dei vegetali. Chi l'ha detto? Eh, l'han detto parecchi; tra gli altri messer Bindo del Rosso, che è dei massari.

Appena arrivato cercai subito il palazzo Grappelli, e trovatolo, mi accorsi che meritava veramente la denominazione di palazzo. Un'ampia corte interna, belle scale in pietra, un salone magnifico, dove era stato eretto un teatrino, molte stanze con soffitti dipinti e pareti adorne di affreschi, ed infine in mezzo ad alcune costruzioni laterali in pessimo stato, una torre in rovina rivelava che un tempo vi era una fortezza e che quel palazzo era stato la residenza di ricchi signori. Ora però tutto era in stato di completo abbandono e le stanze poveramente mobiliate e con reliquie di tempi migliori. Mi si assicurò che questa famiglia, al pari di molte altre della citt

Mastro Jacopo, quando lasciava di brontolare e si disponeva a chiacchierare, avrebbe potuto dar dieci punti dei sedici a Marco Tullio Cicerone. S'intende a Marco Tullio, quando parlava pro domo sua. Infatti, il vecchio pittore, trattando la causa di Spinello, parlava anche un pochettino per . Non era lui che aveva allogato il lavoro al discepolo? E quel discepolo non doveva sposare la sua bella figliuola? Immaginate dunque gli sforzi d'eloquenza che fece coi massari del Duomo. Spinello aveva fatto un'opera maravigliosa, e su questo non ci cascava dubbio, lo avevano riconosciuto tutti, massari e non massari. Quanto alle tinte e alla buona preparazione della calce, non c'era stato niente di diverso, pel Miracolo di san Donato, da ciò che aveva fatto lui, mastro Jacopo, per gli altri affreschi del Duomo. Il tradimento era certo, e veniva da qualcheduno dell'arte. Anzi, mastro Jacopo e Spinello Spinelli sapevano gi

⁵²⁷ Rezzonico, op. cit., v. I, pp. 47-48. A tanta profusione di ornamenti e di doni di natura il gusto dei patrizî spese tesori. Gli artisti più illustri vi tornarono sempre, chiamati a gareggiare di affreschi, di tele, di sculture, di ornati, che attestavano non solo il merito loro, ma anche il senso squisito dei signori che li chiamavano e largamente li retribuivano.

E i Vivaldi non avevano il torto ad osservarla fedelmente; perchè nel palazzo di Quinto era un magnifico stare, quasi meglio che nel palazzo di Genova, dove gli affreschi, le dorature, le sculture e le tele di valenti pittori d'ogni scuola, facevano sempre un viavai di forestieri, che era una molestia da non dirsi a parole, quantunque tornasse a maggior lustro della casa.

Intanto, seminava dei suoi affreschi tutte le chiese di Arezzo, facendo prova di una maniera e una pratica maravigliosa.

Sulle pareti laterali invece tanti affreschi del Perugino e dei maestri toscani del suo tempo, ispirati a una fede meno ragionata e meno filosofica di quella del Buonarroti, ma più ingenua, più illimitata e per questo più efficace.

Consiste in una volta non molto alta, sorretta da colonne; tanto la volta che il pavimento sono decorati di mosaici colorati, mentre le pareti sono interamente ricoperte di antichi affreschi, disgraziatamente molto sciupati ed in certi punti addirittura irriconoscibili.

Quella notte fui sorpreso di vederlo in casa mia; ma gli mossi incontro, e credo di avergli sorriso. Clelia mi guardava severamente come chi dicesse: "vedi, la mia calma vale meglio assai che la tua." Ed era vero, troppo vero. Eugenio partiva per Roma. Un famoso pittore aveva avuto incarico di alcuni affreschi; gli proponeva partecipasse all'opera e al prezzo; era venuto a salutarmi.