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Aggiornato: 7 giugno 2025


Vedrassi la lussuria e ’l viver molle di quel di Spagna e di quel di Boemme, che mai valor non conobbe volle. Vedrassi al Ciotto di Ierusalemme segnata con un i la sua bontate, quando ’l contrario segner

LAMPRIDIO. S'Olimpia m'ama io sto benissimo, se non m'ama io sto assai peggio che morto: non sai tu ch'ella è l'anima mia? non amandomi come potrei viver senz'anima? sarei un che vivesse morendo sempre. PROTODIDASCALO. Larva d'uomo. LAMPRIDIO. Lasciam questo: che sai d'Olimpia mia?

Non l'onda umana, non la furibonda Tempesta al marinar reca tormento: Ma il deserto del mar senza una sponda, Ma il legno infranto e non un fil di vento. Non dir tu che la man stendi per via Che il chieder pane è una miseria infame, È più miseria, è più malinconia Viver tra i vivi e non aver più fame.

Poi riprendea piangendo: Era fatale Quest'amor, più di te, più di me forte; Pria mi ridiede e poi mi bruciò l'ale, E infranse e ribadì le mie ritorte. Sento che tu non sei cosa mortale, Ma ne le braccia tue sento la morte; Nel foco dei tuoi baci il cor si strugge, L'alma s'eterna, e il viver mio sen fugge.

E venduti i suoi campi e dispensato Ogni suo avere a' poveri e alla Chiesa, Volle che il viver suo fosse immolato Ad oscura umilt

Pur stando in carne, lor spesso rappello: Non son tigre agnello: chi 'l perso ben per racquistar s'accampa, chi 'l viver suo ristampa, intenda realmente che 'l Signore del ciel in ciel non sdegna il peccatore! Dunque, Padre, mi 'nvio dare suffragio a loro, che non san chi sia pur quello ch'altri da morte scampa, ed esso muore!

E il mio è quello di viver sempre in affanno e di non aver mai una consolazione da te; ma, per carit

Di che poi che s'accorse, prima seco propose, posto giú ogni uficio publico, di viver seco privatamente; ma, dalla dolcezza della gloria tratto e dal favor popolesco, e ancora dalle persuasioni de' maggiori, sperando di potere, se tempo gli fosse prestato, molto di bene adoperare, lasciò la disposizione utile e perseverando seguitò la dannosa.

Dall'anno 1494 ardeva la guerra tra Firenze e Pisa, questa amando viver libera, e quella volendo signoreggiarla. a Genova al suo potentissimo Gian Aloise Fiesco tornava che i Fiorentini dilatassero maggiormente l'imperio, poichè non solo questi agognavano l'occupazione di Pisa, ma insidiavano Pietrasanta e Sarzana. Per tali ragioni si accoglieva l'ambasceria dei Pisani, che offrivano di congiungersi perpetuamente con la Repubblica genovese, pronti ad accettarne le leggi. Ma qui cominciavano ancora i dissensi. Erano nel Senato nobili e popolani, cioè famiglie antiche feudali, e famiglie di popolo grasso, salite ai primi gradi, ma non tenute pari a quell'altre, che pur da talune popolari avevano lasciato occupare il dogato, designandole un pochettino a scherno col soprannome di Cappellazzi. Erano queste le famiglie dei Fregosi e degli Adorni, dei Montaldi e dei Guarchi, sempre appoggiate a questa o a quella delle famiglie nobili, o feudali, dei Fieschi e dei Grimaldi da un lato, dei Doria e degli Spinola dall'altro. Ma l'appoggio era dato in guisa, che, le rivalit

Troppo sarebbe larga la bigoncia che ricevesse il sangue ferrarese, e stanco chi 'l pesasse a oncia a oncia, che donera` questo prete cortese per mostrarsi di parte; e cotai doni conformi fieno al viver del paese. Su` sono specchi, voi dicete Troni, onde refulge a noi Dio giudicante; si` che questi parlar ne paion buoni>>.

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