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Aggiornato: 11 maggio 2025
L'albergo di Francia è in questa via? L'oratore si sentì così bruscamente interrotto nel bel mezzo dell'argomentazione da quella domanda, che per un momento rimase senza parola. L'albergo di Francia?... Qui siamo sul corso Vittorio Emanuele; l'albergo di Francia è nella via Cavour. Passiamo di l
Brava! disse Vittorio. Che gioia! I tuoi racconti mi piacciono tanto. Vediamo questi eroi! disse Carlo, anzi, dovresti cominciare subito. Per questa sera, rispose Maria, contentati di studiare; il mio manoscritto è in fondo al baule. È tanto noioso questo latino! Ora poi che sono in vacanza....
In quest’aggiunta c’è intero Vittorio Emanuele. Quella sera a Cogne, l’amico nostro ci raccontava ogni particolare del suo soggiorno nel campo del Re e l’indomani un sergente di caccia ci portò il promesso stambecco che divorammo allegramente.
Garibaldi al contrario trovava ad armonizzare nella sua mente questi due estremi, Popolo e Re. Laonde egli non credeva tradire la sua coscienza quando al 1859 ed al 1860 scriveva nella sua bandiera il motto: Italia e Vittorio Emanuele. Molto meno credeva poter offendere il Re, quando parlava della republica italiana e del suo avvenire.
Mario invece, nella sua sbadataggine, era capace di dimenticare a casa la merenda; meno male che Vittorio era sempre contento e Giannina divideva spesso il suo companatico colle compagne che portavano alla scuola pane solo.
Ogni mattina, per quattro anni, si toccavano la testa. Graziati da Vittorio Emanuele, vennero al Castellaccio.
Si ricambiarono poche parole. Ariberti si avvide al solo atteggiamento del volto paterno, che non era il caso di chiedere un abbraccio, e avvilito e confuso come un cane bastonato, accompagnò il muto genitore al suo quartierino di piazza Vittorio.
Cavour vigile e possente intelletto uomo di Stato degno del Re Vittorio Emanuele concepisce la felice idea di mandare nelle terre d'Oriente, sui campi di Crimea, combattenti, tra i soldati d'Inghilterra e di Francia, i nostri bravi soldati che riaffermino alla Cernaia, la virtù degli animi e la potenza delle armi italiane.
È inutile che le dica che le guardie hanno sempre ragione. Non so se le hanno detto che sono qui anche Vittorio Luraghi, l'Herra e l'avvocato Gelmi. Del secondo non le parlo. Mi pare un incosciente. Non dimentichi che io sono un condannato comune come loro, e che perciò sento profondamente il loro grido angoscioso di gente finita. Di me non ho compassione.
Lavori almeno, o ti sei perduto anche tu dietro qualche gonna, come l'imbecille di Dorini? Lasciami stare! rispose Vittorio D'Arèba. Scoraggiamenti dunque? Tanto meglio. Soltanto gli sciocchi sono contenti di loro stessi. Se tu sapessi quel che mi accade! Quel che accade a tutti e che ognuno di noi suppone caso speciale, eccezionale.... Sentiamo!
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