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Aggiornato: 5 giugno 2025


Quella poveretta di ragazza poteva proprio dirsi sacrificata. Sino ai ventitre anni (ora ne aveva venticinque e da due anni dimorava collo zio) era vissuta al suo villaggio natio, a quello stesso di cui abbiamo udito lo speziale dirsi originario. La sua famiglia era di agricoltori, che traevano un modestissimo sostentamento dai proventi d'una poco estesa lista di terra cui coltivavano con quell'amore che i nostri paesani mettono alla zolla da essi fecondata col proprio sudore instancabilmente. Erano due i figliuoli che allietavano il padre e la madre; buona gente se mai fu, che amavansi tra loro grandemente ed amavano del pari la prole, un maschio ed una femmina. Difficilmente si sarebbe potuto trovare una famiglia in cui regnassero, non dico di più, ma del pari la pace, l'amore e l'accordo. La loro tenuissima mediocrit

Fiordalisa era vissuta molti anni da sola in casa di mastro Jacopo, padre amoroso, ma burbero e tutto sprofondato nell'arte sua. Esciva appena d'infanzia quando le era morta la madre, e ciò le aveva portato l'obbligo di molte cure domestiche non intese subito, ma vedute ed accettate a mano a mano che in lei cresceva con gli anni il giudizio. Era una bambina grave prima di essere una donnina forte.

Infatti la fanciulla non amava il lusso e non sentiva quei desiderii voraci, pei quali ella si ricordava di aver sofferto sino in ultimo. Tina ignorava tutto: in altra condizione sarebbe forse vissuta a lungo felice, senza accorgersi che gli uomini esistessero, e invece era morta a sedici anni per colpa loro.

Fossi tu vissuta a vedere questo giorno! Oh gran Dio! lo fosse, proruppe una delle nuore, mentre tutte e la sorella del barone mi si appressavano con un geniale benvenuto dipinto sul sembiante.

Oh! io non avrei potuto amare quei rozzi e balordi animali d'allora disse Fidelia ridendo. Ti giuro, o sorella, che se io fossi vissuta nel secolo scorso, piuttosto che lasciarmi baciare da un uomo... Che orrore! Uomini che all'et

Rivoluzionari e reazionari al rumore della caduta di Roma si guardarono in viso allibiti: che cosa significava quella repubblica vissuta un giorno nella gloria tragica di un assedio senza scampo e morta di ferite fratricide senza gettare un grido di paura o di odio?

Clemente VI morì il 6 dicembre 1352, dopo oltre dieci anni di pontificato e dopo aver vissuta vita piacevole e splendida. Aveva radunato in Avignone il fiore della Francia meridionale, ed introdotto il lusso alla sua corte; nelle sale del suo palazzo, gremite di belle dame, di cavalieri, di poeti, di artisti, di dotti, le feste si succedevano alle feste. Egli fu largo co' suoi nipoti, co' suoi favoriti, delle dignit

E il tormento della contessa era diventato ineffabile. Ella si vedeva dinanzi colui che aveva fatto battere più forte il suo cuore, l'uomo che ella aveva amato, in secreto, come un essere superiore; quell'uomo era chinato verso di lei, con un'espressione supremamente appassionata, nello sguardo, nella voce; dalle sue labbra uscivano parole infiammate... e quelle parole, il fuoco di quella passione, erano per un'altra; egli dichiarava a lei, che era vissuta della sua vita, di non poter vivere senza quell'altra... Era uno spasimo così acuto, che finiva per diventare una specie di volutt

Come resteranno intontiti quando principierò a mettere in circolazione l'oro della mia miniera! Con questa fissazione in testa, il conte Zaccaria non ebbe campo di sentir troppo profondamente la perdita ch'egli aveva fatta. Solo esternava il rammarico che sua moglie non fosse vissuta abbastanza da veder rifiorire le condizioni economiche della famiglia.

Per tutto quanto ho di più sacro al mondo; per la memoria venerata dei miei parenti, che voi avete invocata testè, per voi medesima, lo giuro; quella donna mi ha fatto del male, ma da gran tempo io la ho dimenticata, e dimenticati i dolori che mi vennero da lei; ella ora è per me come non fosse vissuta mai. E perchè dunque volete morire?

Parola Del Giorno

dell’esule

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