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Aggiornato: 29 luglio 2025
Tosto che loco li` la circunscrive, la virtu` formativa raggia intorno cosi` e quanto ne le membra vive. E come l'aere, quand'e` ben piorno, per l'altrui raggio che 'n se' si reflette, di diversi color diventa addorno; cosi` l'aere vicin quivi si mette in quella forma ch'e` in lui suggella virtualmente l'alma che ristette;
Per cotal guisa indomito, focoso Verso Tersandro a lui vicin favella, Tersandro d'Atalanta amato sposo, Al gi
Sotto mentito volto un demon reo Prende a Folco narrar fìnta novella, Che la turba in seguir, cadde AMEDEO, E fu estinto nel mar dalla procella; Ma l'inganno infernal nulla poteo, Che il confortò con l'immortal favella L'Angelo dell'Eroe: così la speme Del soccorso vicin, fa ch'ei non teme.
E un che d'una scrofa azzurra e grossa segnato avea lo suo sacchetto bianco, mi disse: <<Che fai tu in questa fossa? Or te ne va; e perche' se' vivo anco, sappi che 'l mio vicin Vitaliano sedera` qui dal mio sinistro fianco. Con questi Fiorentin son padoano: spesse fiate mi 'ntronan li orecchi gridando: "Vegna 'l cavalier sovrano,
Ed egli alto gridò, ben che ferito, Vibrando il brando con altier sembianti: Empi, nemici al ciel, cotanto ardito Un sia di voi, che si sospinga avanti. Sì disse, e fu quel dir per l'aria udito Qual rimbombo di fulmini tonanti, Sì l'Angel suo, ch'a lui vicin sen vola Fe' grande il suon de la mortal parola.
Dammi la corda, ch'io mi vo' appiccare. Posala giú, ch'io ti pesterò l'ossa. E chiude quella bocca di ranocchia; ché, ad altro suon che di cembalo o pivi, ti farò far la tosa e mazzacrocca. Scanfarda, che sei uscita de l'inferno, e vuoi le cose mie a forza, tu! Ti taglierò le man. ARTEMONA. Misericordia! Fuor, vicin! Tutti fuor! ch'io son giá morta; ché un ladro m'ha assalito in su la strada.
Poi cominciò da tutte parti un grido tal, che ’l maestro inverso me si feo, dicendo: «Non dubbiar, mentr’ io ti guido». ‘Glorïa in excelsis’ tutti ‘Deo’ dicean, per quel ch’io da’ vicin compresi, onde intender lo grido si poteo. No’ istavamo immobili e sospesi come i pastor che prima udir quel canto, fin che ’l tremar cessò ed el compiési.
Essi pur, benchè da loro Lunge sia mio seno oppresso, San che li amo, san che spesso A lor palpito vicin: San che sol la minor parte Di me preda è degli affanni; San che l'alma ha forti vanni, Che il suo vol non ha confin. Lode eterna al Re de' Cieli Che m'ha dato questa mente, Che lo immagina, che il sente, Che parlargli e udirlo può! Morte, invan brandisci il ferro Di che mai tremar degg'io?
63 E seguendo narrò di punto in punto ciò che per lui fatto Ruggiero avea; e come poi da gran dolor compunto, che di lasciar la moglie gli premea, s'era disposto di morire; e giunto v'era vicin, se non si soccorrea. E con sì dolci affetti il tutto espresse, che quivi occhio non fu ch'asciutto stesse.
"Benvenuto, vicin, di nuovo in questa Erma dimora, che al lume si accende. Che fu gran tempo spento al pianto mio; Or che la notte la finestra splende, Ove tu preghi su tuoi canti pio, La veglia del giardin non è più mesta.
Parola Del Giorno
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