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Aggiornato: 1 giugno 2025
E dentro a l'un senti' cominciar: <<Quando lo raggio de la grazia, onde s'accende verace amore e che poi cresce amando, multiplicato in te tanto resplende, che ti conduce su per quella scala u' sanza risalir nessun discende; qual ti negasse il vin de la sua fiala per la tua sete, in liberta` non fora se non com'acqua ch'al mar non si cala.
Poi, come gente stata sotto larve, che pare altro che prima, se si sveste la sembianza non sua in che disparve, cosi` mi si cambiaro in maggior feste li fiori e le faville, si` ch'io vidi ambo le corti del ciel manifeste. O isplendor di Dio, per cu' io vidi l'alto triunfo del regno verace, dammi virtu` a dir com'io il vidi!
Soggiunse poi Rinaldo: Ciò ch'io provo col testimonio, io vo' che l'arme sieno, che ora e in ogni tempo che ti piace, te n'abbiano a far prova più verace. 103 Il re Gradasso, che lasciar non volle per la seconda la querela prima, le scuse di Rinaldo in pace tolle, ma se son vere o false in dubbio stima.
Quella natia vertú che 'n lei si serra, senza ch'altri la sferra, uscendo stessa ci dimostra quanto sia di natura il manto piú bello senza l'arte e piú verace, ch'opra di voglia piú de l'altre piace. Aureae pueritiae succedunt libidinosa iuventus, ambitiosa virilitas, curiosa senectus, stomachosa decrepitas. Per se fert omnia tellus.
Io messaggio del Ciel, per cui contendi, Oggi quì mi rivelo a tuo conforto; Dammi l'orecchio, e ben disposto attendi A tutto ciò, che favellando apporto: È ver, che del gran sangue, onde discendi, Infra mortali non ti pregi a torto, Di verace valor prencipi altieri, E fra regie virtù scettri primieri.
Poi, come gente stata sotto larve, che pare altro che prima, se si sveste la sembianza non sua in che disparve, cosi` mi si cambiaro in maggior feste li fiori e le faville, si` ch'io vidi ambo le corti del ciel manifeste. O isplendor di Dio, per cu' io vidi l'alto triunfo del regno verace, dammi virtu` a dir com'io il vidi!
Oh quanto felici coloro che morti sono! che sará della mia vita? Cintio, vo' cercando di te per tutta la cittá. CINTIA. Eccomi al vostro comando. ERASTO. Abbreviamo le ciancie. Dimmi di grazia, Cintio, che ingiuria o dispiacere tu ricevesti da me mai, ch'io meritassi d'esser cosí amareggiato nell'anima per tuo conto? e sotto una finta amicizia nascondessi un verace tradimento?
Posto avea fine al suo ragionamento l’alto dottore, e attento guardava ne la mia vista s’io parea contento; e io, cui nova sete ancor frugava, di fuor tacea, e dentro dicea: ‘Forse lo troppo dimandar ch’io fo li grava’. Ma quel padre verace, che s’accorse del timido voler che non s’apriva, parlando, di parlare ardir mi porse.
Or il vago pensier va rimembrando quelle parole tue; quelle parole, quelle, quelle, quell'ultime parole che mi sterparo il cor, mi svelser l'alma. Ben è ragion ch'eternamente t'ami, e se verace amore, se ferma fede merta cambio d'amor, ragion è ancora che tu, mia vita, eternamente m'ami.
Noi abbiamo bisogno di Roma. Il Papato, un dì, camminò sul tramite che gli segnava il sangue di Cristo e apparve al mondo verace ministro di lui... ma giunto al bivio forviò mettendosi su la strada dei beni terreni, e poichè allora precedeva la intelligenza universale, intese a comporre con la venerazione, gli errori, la potenza, e le altre cose di cui aveva copia un'argine oltre il quale non si dovesse avventurare la umanit
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