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Aggiornato: 1 giugno 2025
Io non so ben ridir com'i' v'intrai, tant'era pien di sonno a quel punto che la verace via abbandonai. Ma poi ch'i' fui al pie` d'un colle giunto, la` dove terminava quella valle che m'avea di paura il cor compunto, guardai in alto, e vidi le sue spalle vestite gia` de' raggi del pianeta che mena dritto altrui per ogne calle.
<<La Grazia che mi da` ch'io mi confessi>>, comincia' io, <<da l'alto primipilo, faccia li miei concetti bene espressi>>. E seguitai: <<Come 'l verace stilo ne scrisse, padre, del tuo caro frate che mise teco Roma nel buon filo, fede e` sustanza di cose sperate e argomento de le non parventi; e questa pare a me sua quiditate>>.
ci apparve un’ombra, e dietro a noi venìa, dal piè guardando la turba che giace; né ci addemmo di lei, sì parlò pria, dicendo: «O frati miei, Dio vi dea pace». Noi ci volgemmo sùbiti, e Virgilio rendéli ’l cenno ch’a ciò si conface. Poi cominciò: «Nel beato concilio ti ponga in pace la verace corte che me rilega ne l’etterno essilio».
Lascio lo fele e vo per dolci pomi promessi a me per lo verace duca; ma ’nfino al centro pria convien ch’i’ tomi». «Se lungamente l’anima conduca le membra tue», rispuose quelli ancora, «e se la fama tua dopo te luca, cortesia e valor dì se dimora ne la nostra citt
«Il sonno verace, il sonno rivelatore vi ammonisce talvolta; voi sentite un freddo guadagnarvi ogni fibra, la spaventosa immobilit
In cor nobile: e gentile Non regnò mai crudeltade Un servir verace, e humile: Sempre, de' trovar pietade Una volta: tua beltade Vivo e morto: ho per mia duce. Dapoi notte: vien la luce. Servirò continuamente: Giorno, e notte, al ben, e al male Se da me faraite absente Non dirò per questo: vale Anci a te, stenderò l'ale Che sei tu, che al ciel, me induce. Dapoi notte vien la luce.
Però parla con esse e odi e credi; ché la verace luce che le appaga da sé non lascia lor torcer li piedi». E io a l’ombra che parea più vaga di ragionar, drizza’mi, e cominciai, quasi com’ uom cui troppa voglia smaga: «O ben creato spirito, che a’ rai di vita etterna la dolcezza senti che, non gustata, non s’intende mai,
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