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Aggiornato: 29 giugno 2025
Ma anche condannato a restare sull'uscio, e consapevole di quella condanna, Tuccio di Credi sentiva la gelosia, questa brutta sorella dell'emulazione. Vedeva Spinello salire sempre più nella estimazione delle genti, triste, ma operoso, anzi più operoso quanto più era triste. Nè solo Arezzo chiedeva miracoli d'arte a Spinello Spinelli, ma anche molte altre citt
Ma prima che il principale avesse fatta una risoluzione intorno a quel viaggio, Tuccio di Credi si presentò a Spinello Spinelli per prendere commiato da lui. Spinello ebbe l'aria di cascar dalle nuvole. Come? gli disse. Anche tu hai risoluto di lasciarmi? Sì, maestro. Tanto non sono buono a nulla, e l'opera mia non potrebbe esservi utile più di quella d'ogni altro fattore. Andiamo, via!
Tuccio di Credi guardò bieco il suo avversario, ben vedendo di non poter più ingannare nessuno, e crollò sdegnosamente le spalle. Quante parole inutili! esclamò egli. Bastava dire che mi sono vendicato. Messere, statevi con Dio, e non vi provate a tenermi dietro; soggiunse, vedendo l'atto di Spinello che voleva scagliarsi contro di lui.
Anzi, meglio, di condurlo da me? Volentieri; ma dove? Laggiù, in via della Scala, nella chiesa di San Nicolò. È chiusa, finora; ma potrete passare dall'uscio della sagrestia. Domani stesso, all'ora in cui usate andare a diporto, io sarò ad aspettarvi, Ci verremo, messere; rispose Tuccio di Credi. Ma, di chi dobbiamo noi domandare? Di Dardano Acciaiuoli: è questo il mio nome.
Del resto, troveranno da allogarsi a senno loro. Una cosa dovete far voi; ridere, come essi fanno di sicuro, in questo momento, all'osteria del Greco, bevendo il bicchiere della staffa. Spinello pensò che Tuccio di Credi era un buon diavolo, ad onta della sua faccia scura. E ricordò il discorso di mastro Jacopo, che lo aveva paragonato alle pere spine, brutte di fuori e buone di dentro.
Da qualche tempo il nostro pittore aveva cambiato d'alloggio, o, per dire più esattamente, aveva cambiato Tuccio di Credi, quello tra i due che pensava alle cose materiali della vita, e che aveva riconosciuta la necessit
Quanto a Tuccio di Credi, avete veduto come egli, dopo aver data la notizia e lasciato cadere il sospetto, si fosse affrettato a dire che la cosa non poteva esser vera, e che Spinello Spinelli era un ingegno nato di schianto, una nuova speranza dell'arte. Si era egli ricreduto, parlando? O seguiva in ciò il filo d'un riposto disegno?
Il Chiacchiera lasciò passare quella folata di parole, indi rispose: Oh, non a tutti i vostri scolari avete lasciato la cura d'imparare da sè. Non a tutti! Lo credo, io, replicò mastro Jacopo. Tuccio di Credi, per esempio, e Parri della Quercia, hanno saputo cavar profitto dei loro occhi. Perciò mettete pure che io, vedendoli più attenti di voi, li abbia consigliati qualche volta.
Ma proprio in quel punto messer Dardano Acciaiuoli lo prendeva amorevolmente per un braccio. Vedete, Tuccio, com'è bello quest'angiolo! diceva il vecchio gentiluomo. Se si potesse muovere un rimprovero all'artista, ignorando quello che egli ha voluto fare, si direbbe che è troppo bello, per rappresentare lo spirito del male.
Voi andate qualche volta senz'armi; io non ho mai dimenticato questo spuntone, che so maneggiare, al bisogno, e che punge assai meglio della vostra lingua. Così dicendo, si avviava verso la scala a piuoli, il cui capo usciva due o tre palmi fuori del tavolato. Ma l'amore della frase perdette Tuccio di Credi.
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