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Aggiornato: 7 giugno 2025


Tu se' dricta senza veruna tortura, ché fai el cuore dricto e non ficto, amando liberalmente e non fictivamente la mia creatura. Tu se' una aurora, che meni teco la luce della divina grazia. Tu se' uno sole che scaldi, perché non se' senza el calore della caritá. Tu fai germinare la terra, cioè che gli strumenti de l'anima e del corpo tucti producono fructo, che vita in e nel proximo suo.

Che si fa? PIRINO. Se sta combattendo con la rabbia e con l'ira; e ne ho tanta nel petto, che bastarebbe a riempirne tutte le fère del mondo. PANFAGO. Che colpa ci ho io? Volete voi con la vostra rabbia uccidere voi e me in un colpo? Se col mostrarti rabbioso e iracondo pensi che io non abbia a desinar teco, l'erri in grosso.

RUFFO. Benché novellamente vi cognoschi, pur molto vi amo, sendo tutti d'un paese; e li cieli occasion ce dánno che insieme ce intendiamo. LIDIO femina. Certo, da noi amato sei e teco sempre ce intenderemo volentieri. Ma che ce di' tu? RUFFO. Dirò brevemente. Udite. Una donna, di te, Lidio, innamorata, cerca che tu suo sia come ella è tua e dice che, non giovandoli altro mezzo, al mio ricorre.

<<La Grazia che mi da` ch'io mi confessi>>, comincia' io, <<da l'alto primipilo, faccia li miei concetti bene espressi>>. E seguitai: <<Come 'l verace stilo ne scrisse, padre, del tuo caro frate che mise teco Roma nel buon filo, fede e` sustanza di cose sperate e argomento de le non parventi; e questa pare a me sua quiditate>>.

BALIA. Deh, per amor di Dio! ANASIRA. Io scherzo cosí teco. BALIA. Ti farei compagnia, se non avessi a ragionar con Mastica su questo fatto; e però son uscita e giá lo veggio venir in qua. MASTICA parasito, BALIA. MASTICA. Dicono i medici del mio paese che si trova una infermitá che si chiama «lupa», che una fame tanto affamata che quanto piú mangia piú s'affama.

Tu ti rimani omai; che' 'l tempo e` caro in questo regno, si` ch'io perdo troppo venendo teco si` a paro a paro>>. Qual esce alcuna volta di gualoppo lo cavalier di schiera che cavalchi, e va per farsi onor del primo intoppo, tal si parti` da noi con maggior valchi; e io rimasi in via con esso i due che fuor del mondo si` gran marescalchi.

108 Con tal condizion fu stabilita la triegua e questo accordo ch'è fra nui. Come la pugna teco avrò finita, poi del destrier risponderò a costui. Tu del tuo scudo, rimanendo in vita, la lite avrai da terminar con lui; ma ti darò da far tanto, mi spero, che non n'avanzar

che' se l'antiveder qui non m'inganna, prima fien triste che le guance impeli colui che mo si consola con nanna. Deh, frate, or fa che piu` non mi ti celi! vedi che non pur io, ma questa gente tutta rimira la` dove 'l sol veli>>. Per ch'io a lui: <<Se tu riduci a mente qual fosti meco, e qual io teco fui, ancor fia grave il memorar presente.

E una. TRAPPOLINO. Chi è ? Olá! MALFATTO. Amici. Simo io. TRAPPOLINO. El cancaro che te venga! Che vòi? MALFATTO. Ché non respondi tu, adesso? TRAPPOLINO. Respondi pur tu, ché parlo con teco. LUZIO. Che dici tu? Olá! MALFATTO. Che vòi che dica, o Luzio? LUZIO. Dilli quello che ti pare. Che me fa a me? TRAPPOLINO. Chi sei tu che hai bussato? MALFATTO. Sono un certo omo da bene.

darotti un corollario ancor per grazia; credo che ’l mio dir ti sia men caro, se oltre promession teco si spazia. Quelli ch’anticamente poetaro l’et

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