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La mente, che qui luce, in terra fumma; onde riguarda come puo` la` giue quel che non pote perche' 'l ciel l'assumma>>. Si` mi prescrisser le parole sue, ch'io lasciai la quistione e mi ritrassi a dimandarla umilmente chi fue. <<Tra due liti d'Italia surgon sassi, e non molto distanti a la tua patria, tanto che troni assai suonan piu` bassi,

Luogo e` la` giu` non tristo di martiri, ma di tenebre solo, ove i lamenti non suonan come guai, ma son sospiri. Quivi sto io coi pargoli innocenti dai denti morsi de la morte avante che fosser da l'umana colpa essenti; quivi sto io con quei che le tre sante virtu` non si vestiro, e sanza vizio conobber l'altre e seguir tutte quante.

Per chi suonan le campane? a che tanto scampanar? Trapassato è il conte Nillo, è l'Infanta per mancar: son cavate gi

A 'l gran Maggio i vènti aulenti per le selve hanno lamenti vaghi e assai lontani cori; e, recando ampi tesori d'acque, suonan le correnti. Oh bei colli, sorridenti ne' rosati albeggiamenti, d'onde salgon mille odori a' l gran Maggio! Siede in mezzo i bianchi armenti Gallo e trae novi concenti da' l suo flauto a sette fori; e i richiami ode Licori da le siepi rifiorenti a' l gran Maggio.

La famiglia di Risa e gli aderenti, quella di Chiaramonte e di Mongrana, che aveano innumerabili parenti, suonan sopra al marchese una campana, che lo faceva digrignar i denti, arrabbiar, dormir poco e aver mattana; e sopra tutti gridava Rinaldo: Io vo' ridotto al verde quel ribaldo!

T. Com'a te aggrada: io ad ascoltare intendo. D. Fra i primi che cantaro in riva al Tebro de la bella Tirrenia fu un pastore d'antico sangue e di gente Latina, e nel cui nome suona la sua gente e del cui canto ancor, e del cui suono, suonan le trionfali e altere sponde. Arse colui per lei lunga stagione: e ancor dolcemente ne sospira.

Ma chi tutta diría la pompa e i mostri Di quei vergini climi? Ivi l'irsuto Cacto grandeggia, come cereo immane; Ivi a quella di Pesto emula ignota L'odorato e gentil calice innostra Di Belvèria la rosa; ivi quanti hanno Onoranza e virtù di prezïosi Medici succhi, o nominanza orrenda Di fulminei veleni, indifferente, O sien radici o fiori, Iside spiega. Passa l'Eroe solo e pensoso. Ingombri D'intrecciate vainiglie e di lïane Lunghissime a le chete aure pendenti Sovr'esso al capo suo chiudonsi i rami, E or di cupole in guisa, or di cortine, Or di fioriti padiglioni e d'archi, Lussureggian di aspetti e di colori Al queto occhio di lui. Di strane voci E di strilli e di fischi e di pispigli Suonan l'aure d'intorno; odi a la lunga Romoreggiar di vaste acque, e tra' rami Frusciar d'ale infinito; e, a far più viva Quella solenne immensit

Ove suonan l'angeliche parole, ch'in un momento mi dan morte e vita? u' i cari sguardi, u' le maniere belle? Ove luce ora il vivo almo mio sole, con cui dolce destin mi venne in sorte quanto mai piovve da benigne stelle? XLVI. Ad Alessandro Arrighi Spirto gentil, s'al giusto voler mio non è cortese il cielo e amico tanto, ch'io possa con ragion lodarvi quanto me fate, e io far voi spero e desio;

La mente, che qui luce, in terra fumma; onde riguarda come puo` la` giue quel che non pote perche' 'l ciel l'assumma>>. Si` mi prescrisser le parole sue, ch'io lasciai la quistione e mi ritrassi a dimandarla umilmente chi fue. <<Tra due liti d'Italia surgon sassi, e non molto distanti a la tua patria, tanto che troni assai suonan piu` bassi,

Luogo e` la` giu` non tristo di martiri, ma di tenebre solo, ove i lamenti non suonan come guai, ma son sospiri. Quivi sto io coi pargoli innocenti dai denti morsi de la morte avante che fosser da l'umana colpa essenti; quivi sto io con quei che le tre sante virtu` non si vestiro, e sanza vizio conobber l'altre e seguir tutte quante.