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Aggiornato: 27 maggio 2025


E Carlo sfogò il dispetto con atti disperati ed assurdi. Sguinzaglia i suoi a un ultimo sterminio delle campagne; che cadde su i luoghi sacri, poich'altro non rimaneva men guasto; e andò oltre, che fin le colonne e le travi strascinarono al campo; e nel monistero di nostra Donna delle Scale spogliarono gli altari, e ruppero e contaminarono ogni cosa. Poi il re saltando all'estremo opposto, offre ai Messinesi di rimetter tutte lor colpe, consentir tutte inchieste, sol che tornino sotto il suo nome: ed essi con onta e scherno rifiutano . I tradimenti anco tentò, praticando col giudice Arrigo de Parisio, il notaio Simone del Tempio, Giovanni Schaldapidochu, e un Romano, che di furto mettesser in citt

Ricercando seppi come da alcuni giorni il conte Francesco Cènci fosse venuto ad abitare la Rocca Petrella, che tra noi si chiama ancora Rocca Ribalda; le tracce di costui erano di sangue. Una voce nel cuore mi disse: egli è l'omicida. Presi a investigare più sottilmente il caso, e per relazione di un garzoncello pastore conobbi, che tutte le sere Annetta andava alla Querce della Vergine, e genuflessa si tratteneva lunga ora a pregare davanti la Immagine. Certa sera il garzone vide passare a cavallo un uomo, che alle vesti ed al portamento gli parve un barone. Costui fermò il cavallo, e stette a considerare la fanciulla finchè essa non ebbe terminata la preghiera: allora andatole incontro, parve che s'ingegnasse di entrare in colloquio con lei; ma essa lo aveva salutato, e tirato innanzi pel suo cammino. La sera successiva il garzone, stando nel medesimo luogo a pascere pecore, vide sbucare dal macchione due bravi, che sorpresa la giovane le bendarono gli occhi e la bocca, e lei, invano dibattentesi, strascinarono via. Il pastore aveva taciuto per paura, adesso parlava per guadagno; sicchè con diligenza ne cavai fuori informazioni precise su le vesti, e su le fattezze dei ribaldi. Presi a tenere di occhio alla ròcca; nella notte mi aggirava intorno alle sue mura come un lupo, nel giorno mi appiattava dietro le siepi, o su pei rami degli alberi. La ròcca stava chiusa come la cassa dello avaro. Ma un giorno si aperse, e ne uscì fuori un uomo, che ai panni riconobbi per uno dei bravi veduti dal pastore: procedeva cauto, e portava, come diciamo noi, la barba sopra la spalla; ma io gli piombai addosso a guisa di falco: egli era atterrato, sotto i miei ginocchi, ed io gli teneva le mani alla strozza, prima che avesse avuto tempo di sapere che cosa fosse. Ti salverò la vita, gridai, se mi confessi come uccidesti la fanciulla della Querce. Livido dalla paura, egli mi narrò che il suo padrone Conte Cènci vista la fanciulla, e trovatala bella, concepì desiderio di averla alle sue voglie; però che a lui e ad un altro servo ordinava rapirla, e portarla nella ròcca, reputandola facile acquisto; ma vedendo che con la fanciulla tornavano corte le lusinghe, e le minacce non riuscivano meglio, e parendo al Conte di fare anche troppo onore a cotesta villana, era ricorso alle violenze, alle quali la fanciulla aveva risposto menando valorosamente le mani. Onde il Conte l'aveva presa pel collo, ed essa lui, e caduti per terra vi si erano rotolati dandosi a vicenda morsi e percosse. Alla fine la giovane, come più svelta, per la prima si levava in piedi, ed aveva dato di un calcio nel viso al Conte, dicendo: «Togli, vecchio ribaldo: se avessi avuto il mio stile, a quest'ora ti avrei scannato; ma ti sta meglio un calcio; fra giorni ha da tornare mio marito, e, per la Vergine benedetta, non avrò pace finchè non mi porti le tue orecchie in regalo». Don Francesco si levò a sua posta senza profferire parola; e prima che la disgraziata avesse potuto schermirsi l'arrivò con terribile coltellata, che la passò fuor fuori dalle spalle, ed ella cadde senza potere pur dire: Gesù, e Maria! Un singulto, e basta. Poi la pestò, in vendetta del calcio ignominioso, come si pesta l'uva. Venuta la notte ci comandò portassimo il cadavere a piè della Querce della Vergine, e noi lo portammo, perchè chi mangia il pane altrui ha da obbedire. Il Conte ci tenne dietro con la lanterna; e quando avemmo depositato supino il cadavere sopra la terra egli cavò il coltello, lo rimise dentro alla ferita, e pigiando forte ne conficcò la punta nelle zolle. «Quando verr

Egli scelse la virtù, e lasciò loro il delitto . Volontario si pose fra gli oppressi, e li difese con le parole e col sangue, finchè giacque col cranio spezzato dagl'implacabili Patrizii. Mani patrizie lo strascinarono per le vie latine: Patrizii quelli, che, col pretesto di porlo in parte dove non potesse più nuocere, lo gittarono trucidato fra i tuoi gorghi, o Tevere.

L'uno dei due che stava combattendo con Gabriele, allorchè udì accorrere uomini, gettò il ferro e corse per scagliarsi dall'alto della muraglia, ma balzato in quel mentre fuori dalla torre il Pellicione, il raggiunse gridando "Per la spada di san Michele, prendi questa" e con un colpo d'impugnatura nelle tempia il fece precipitare al suolo tramortito e grondante di sangue; l'altro, più fiero e vigoroso, benchè circondato da gran numero di uomini d'armi, si difese disperatamente, sino a che vedendosi accerchiato e stretto da ogni parte, ed accorgendosi di non potere più a lungo resistere, si mirò al cuore una pugnalata; ma preso in alto il suo braccio, venne distolto il colpo, e cento mani che gli caddero addosso lo strascinarono a terra, da dove in vano tentò si dibattendo di sollevarsi.

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