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Aggiornato: 6 maggio 2025


Pasquino dava il buon giorno o la buona sera al giovine forestiero, gli offriva una tazza di latte, che Spinello ricusava quasi sempre, non accettando che un bicchier d'acqua della Brana, picciolo ruscello che correva al piano, tra la costa del Poggiuolo e quella di Colle Gigliato, Spinello aveva preso ad amare il vecchio Pasquino.

Ah, se egli avesse mai potuto ritrarla, quale essa gli stava sempre negli occhi! A Firenze i due amici erano andati ad alloggiare in una povera casa, nella via della Scala. Escivano insieme ogni giorno, passeggiando lentamente fino alla piazza di Santa Maria Novella, dove Spinello andava a sedersi su d'un muricciuolo, e vi restava a lungo, senza parola, guardando il sole che tramontava.

Spinello rimase alquanto sconcertato dalla novit

Amico mio, quest'uomo! Amico, ; replicò messer Dardano. Voi stesso non lo avete richiamato ieri al vostro fianco? Io? Io richiamare quel tristo? Maisì, maestro, e dando a me l'incarico di parlargliene. Egli era così felice di ritornare con voi! Spinello levò la fronte, come in atto d'interrogare la sua memoria; ma essa non gli disse nulla di ciò che l'Acciaiuoli asseriva.

Mentre faceva quei progressi nel cuore di lei, e forse per la stessa ragione che li faceva, il nostro Spinello avanzava rapidamente nella disciplina che aveva con tanto ardore abbracciata. Imparava facilmente quel che oggi si chiama il meccanismo dell'arte.

Egli ha certamente avuto a patire una grave disgrazia. Maisì, messere, una disgrazia irreparabile; replicò Tuccio di Credi. Gli è morta una donna a cui era fidanzato. Ah, dovevo immaginarmelo! esclamò il cavaliere. E il suo nome? Spinello Spinelli, aretino; ma i suoi maggiori erano di Firenze. La sua fidanzata, poi, era figliuola a mastro Jacopo di Casentino. Il pittore?

Oh, io ne morrò; disse Spinello, con voce soffocata dalle lagrime.

Lodato, levato a cielo, messo a confronto con medesimo, Spinello non era tuttavia con l'animo all'altezza della sua riputazione. Il poveretto sfioriva, avvizziva, intristiva ad occhi veggenti. Ragazzo mio, gli disse un giorno Mastro Jacopo, tu non sei contento dei fatti tuoi; tu aspetti qualche cosa, come a dire la manna del cielo. Che dite, maestro! esclamò il giovinetto, confuso.

Era di messer Rosellino Sismondi, buon'anima sua; oggi è di messer Lapo Buontalenti. Non è un casato pistoiese; osservò timidamente Spinello. No, messere; il nuovo padrone del castello è un cittadino d'Arezzo. Dev'essere un ragguardevole uomo; ripigliò Spinello. Questo suo castello ha un aspetto assai nobile, e penso che ci si abbia a stare da principi.

A questo nuovo desiderio rispose prontamente l'opera di Spinello Spinelli, ed anche a quello dei massari di San Francesco, che vollero un arcangelo San Michele, nella cappella intitolata al gran giustiziere del cielo.

Parola Del Giorno

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