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Aggiornato: 29 giugno 2025
Mi ricordo che pochi momenti prima della partenza, un giovinetto venne a bordo a cercarmi, e mi rimise una lettera di Gonzalo Segovia, la quale racchiudeva un sonetto che serbo tuttora, come uno dei più preziosi ricordi di Siviglia. Sul bastimento era una compagnia di cantanti spagnuoli, una famiglia inglese, degli operai, dei bambini.
Del resto, Odoacre non prese la porpora, mandò gli ornamenti imperiali a Costantinopoli, serbò in Roma il consolo solito nomarsi in Occidente, e il senato; nelle cittá i governi municipali, le curie; tutto il governo romano allato al barbarico: l'ordinamento del suo Stato fu di quelli misti testé detti.
Il secondo impero si serbò fino alla caduta come un dominio dispotico, e Napoleone III svelò nelle note parole del suo discorso del trono del 14 febbraio 1853 l'estrema ragione di cotesta situazione illegale: «la libert
Eccola! Eccola! È lei! Lo dicevo io? Eccola qua! Ma che trucchi son questi? Ma dove siamo, insomma? Di dove è comparsa quella lì? La tenevano in serbo! Questo è un giuoco di bussolotti!
Gira rigira, la batteva tra due: il conte Nerazzi e il marchese Landi; ambedue amici suoi, belli senza eccesso, non sciocchi a prima vista, ma neanche spiritosi. Dei immortali! Anche noiosi la parte loro, con quel fare compassato, e con la cura astuta che mettevano a nascondere, facendola spiccar meglio, una piccola vittoria, o a darsi merito di non averne ottenuta mai una. Ma sono questi gli uomini che piacciono. «Ebbene, Landi, qual è oggi la dea dei vostri pensieri? Signora, non c'è dea, per me, e dubito perfino di aver dei pensieri. Ah, molto spiritoso, ed anche discreto; due cose che ordinariamente non vanno molto d'accordo. Ve ne faccio i miei complimenti. E voi, Landi, non amate? No, signora; il mio giorno non è ancora venuto. Come! C'è un giorno ed un'ora da aspettare? Sì, il giorno e l'ora del nostro destino. Se amerò, non amerò leggermente. È giusto e vi lodo. Fossero tutti come voi!» E la dama galante che ha fatta questa scoperta, la mette bravamente in serbo. Avr
Il conte non sapeva che pensare di lei, ma si serbò calmo, onde ottenere più facilmente lo scopo, per cui aveva lasciato la Sicilia, poi Malta; non potè però reprimere un leggiero sorriso. Se è soltanto qualche mese, disse, che nulla sapete di vostro fratello, mi sembra probabile il rinvenirlo. Ove lo vedeste l'ultima volta? A Bologna. Vi dimorava? Credo vi fosse soltanto di passaggio.
Guardate, bambini, questo bel grappolo d'uva! Io lo serbo, non gi
Perciocché i fatti sono che la Spagna e l'Italia, le cui lingue serbano piú latino, ebbero piú invasori che non Francia; e che in questa n'ebbe forse piú la parte meridionale la cui lingua d'oc serbò parimente piú latino.
Al principiare del mille e cinquecento il buon senso sbandí dalla poesia la filosofia scolastica; ma la educazione de' poeti serbò la sua tendenza erudita e di scolastica diventò pedantesca, ed ebbe, come tale, influenza sull'opere loro. Lo studio delle lingue morte e de' libri antichi modellò l'intelletto de' poeti in gran parte secondo lo spirito della antica civilizzazione.
Quella colonna era un dispetto permanente per ciascun domenicano, il cui ordine vide sempre di malocchio il giuramento del sangue del Senato di Palermo¹⁵¹, e serbò una certa simpatia pel Muratori, che lo biasimò non essendo giustificabile la difesa, a costo del proprio sangue, di una credenza cattolica non proclamata mai come domma dai sovrani pontefici.
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