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Nella letteratura italiana è impresso il carattere della giovanezza della nuova civilizzazione europea, con tutte le sue naturali attrattive e coi suoi difetti.

Noi non pretendiamo di dire che la letteratura sia l'unica guida che possa condurre i popoli alla prosperitá. Persuasi nondimeno ch'essa vi contribuisca non poco, crediamo fermamente d'altronde di dovere in essa ravvisare la spia piú veridica del grado di civilizzazione ne' popoli, e quindi il termometro della loro maggiore o minore prossimitá alla perfezione del vivere sociale.

E così verrá sempre piú confermandosi nel mondo la mansueta dottrina della fratellanza de' popoli, nessuno de' quali ha il diritto di far soperchierie agli altri, qualunque sia il colore della lor pelle. |Grisostomo|. Fra i vari generi di poesia, il drammatico è antichissimo d'origine presso gl'indiani; il che è una delle prove dell'antichitá della loro civilizzazione.

Alla teoria, perché serve a caratterizzare con due denominazioni generiche le invenzioni poetiche ispirate dal cristianesimo e dalla civilizzazione europea dopo l'invasione de' barbari, distinguendole da quelle derivate dal paganesimo e dal complesso de' costumi in Grecia ed in Roma; alla pratica, perché il parallelo tra le due civilizzazioni tende a far risaltare sempre piú evidentemente la pedantesca servilitá del classicismo nelle opere moderne.

Chi sa anzi che i greci non la imparassero forse eglino dagli indiani? L'India fu probabilmente la culla del sapere umano. |Un altro|. Lasciamo stare per ora queste digressioni erudite. Gl'indiani ebbero civilizzazione: dunque anche poesia. La facoltá poetica degli uomini è una facoltá che può essere primigenia in tutti.

Sta' dunque attento a lui e non a noi. Allorché lo spirito umano cosí principia il discorso suddetto si risvegliò in Europa all'epoca dalla quale incomincia la storia moderna , ed assunse nuova attitudine operosa, non rimaneva piú che una traccia oscura della civilizzazione greca e romana. Tutte le circostanze erano cambiate. Nuovi uomini adoravano nuove divinitá.

La pubblica solennitá di tali cerimonie, la maggiore diffusione delle cognizioni e degli scritti, l'esempio invidiato dell'Italia, la maraviglia che destavano le opere degli antichi poeti di Grecia e di Roma, delle quali allora si andava rendendo piú comune la lettura in tutta l'Europa, ed altre consimili circostanze ponevano vieppiú sempre in onore la poesia: questa che delle belle arti è la prima ad essere coltivata, allorché i popoli si accostano alla loro civilizzazione.

Non so se la civilizzazione presente colla sua massa di ministri, di prefetti, di birri e d'insopportabili tasse sia preferibile alla vita selvaggia, ma libera ed indipendente.

Parrebbe che nello spazio di cinque secoli, nel corso de' quali la civilizzazione non fu mai totalmente impedita ne' suoi progressi, ed in una terra come l'Italia, dove il sentimento del bello è tanto indigeno, la poesia e l'eloquenza, tenendo dietro ad ogni accidente dalla crescente civilizzazione, dovessero svilupparsi a poco a poco per tutti i modi possibili di varietá ed in tutte le forme che fossero in qualche armonia col modo di pensare e coi costumi universali della nazione.

Se l'Italia, a modo d'esempio, dopo la nuova civilizzazione, non avesse veduto mai il menomo manoscritto greco o latino, credete voi per questo che l'Italia non avrebbe buona poesia? |Grisostomo|. Leggo ed ammiro assai anch'io Omero e Virgilio, e lo dico davvero.