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Aggiornato: 18 luglio 2025
E il parigino di cui io parlo, anche senza avvedersene, viene assuefacendosi a perpetui raziocini o, per dirla a modo del Vico, diventa filosofo. Se la stupiditá dell'ottentoto è nimica alla poesia, non è certo favorevole molto a lei la somma civilizzazione del parigino. Nel primo la tendenza poetica è sopita; nel secondo è sciupata in gran parte.
Com'è che ciò non avvenne? com'è che la pittura italiana non lasciò via alcuna intentata, cercando di conseguire l'originalitá per mille diverse maniere; e la poesia invece parve timorosa di novitá e rade volte escí della via battuta? Non è difficile il trovare nella storia della civilizzazione d'Italia lo scioglimento d'un tale enimma.
Al principiare del mille e cinquecento il buon senso sbandí dalla poesia la filosofia scolastica; ma la educazione de' poeti serbò la sua tendenza erudita e di scolastica diventò pedantesca, ed ebbe, come tale, influenza sull'opere loro. Lo studio delle lingue morte e de' libri antichi modellò l'intelletto de' poeti in gran parte secondo lo spirito della antica civilizzazione.
Ma la stupiditá dell'ottentoto è separata dalla leziosaggine del parigino fin ora descritto per mezzo di gradi moltissimi di civilizzazione, che piú o meno dispongono l'uomo alla poesia. E s'io dovessi indicare uomini che piú si trovino oggidí in questa disposizione poetica, parmi che andrei a cercarli in una parte della Germania.
Procede quindi il discorso ad analizzare le differenze massime che corrono tra la nuova civilizzazione e l'antica, considerandole unicamente nelle loro relazioni colle arti, ed in ispecial modo colla poesia.
È un peccato ch'egli non si desse a nobilitarla, secondando industriosamente la tendenza ch'essa aveva spiegato ne' Romanzi del Cid e in tanti altri romanzi e canti popolari; tendenza che muoveva, senza mistura di frivolezze scolastiche, dall'indole della civilizzazione arabo-ispana, e principalmente da uno squisito sentimento delle glorie e delle sventure della patria, da un culto tributato all'onore come ad una religione.
Per lo contrario in Italia chi ebbe in sé anima veramente poetica, sentí sempre, anche senza averla spiegata teoricamente a se medesimo, la differenza essenziale che vi ha tra la poesia romantica, cioè quella derivante dallo spirito della nuova civilizzazione, e la poesia degli antichi; e mostrò d'avere compresa l'essenza dell'una e l'essenza dell'altra quando accolse come piú inerenti al proprio intendimento poetico i costumi del suo secolo e della sua patria; e studiando daddovero gli antichi, pensò non esser conveniente il sagrificare alle lor forme poetiche le forme nuove, le quali erano piú conformi allo spirito della nuova poesia.
Come l'uomo, per variar d'accidenti, nella sua vita non rinnega mai totalmente la sua prima educazione, cosí la letteratura italiana non si spogliò mai totalmente di quel carattere ch'essa assunse nel suo nascimento. Quando cinque secoli fa ebbero principio la poesia e l'eloquenza italiana, l'attuale civilizzazione europea era tuttavia ne' suoi primordi.
D'altronde la perfettibilitá sostenuta da' moderni filosofi non è quella speciale d'una o d'altra arte, ma bensì la perfettibilitá generale dello spirito umano, alla quale siamo debitori de' successivi miglioramenti della civilizzazione.
|Il suddetto|.E in che modo? |Grisostomo|. La poesia drammatica non è coltivata ne' popoli se non quando la civilizzazione loro è inoltrata assai. |Il suddetto|. Basta cosí: ho capito. |Grisostomo|. In India chiamansi «natacs» i drammi; e, a detta di sir Jones, ve n'ha tanti che nessuna nazione d'Europa può ostentarne maggiore abbondanza.
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