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Si sollevò a tale vista il cuore del Sequi, balzarono in piedi i due profughi, e ridottisi col bravo ingegnere in una cameretta del Molino, lo abbracciarono come un fratello, mentre esso raccontava le vicende della giornata, le pratiche fatte, e la buona speranza di trarli da quelle strette mercè l'aiuto dei liberali di Vaiano e di Prato. Allora il Generale, chiamato il mugnaio, lo ringraziava dell'ospitalit

Intanto correva il Martini, sempre a tutto previdente, ad accertarsi che il vetturino Vincenzo Cantini da lui noleggiato fosse per l'ora convenuta al luogo stabilito, ed il Sequi, disceso anch'esso insieme al Barbagli per la parte da dove erano venuti, entrò in citt

Partì subito il Sequi prendendo a prestito il cavallo del dottor Nardi medico condotto di Vaiano, e arrivato a Prato, dopo aver prima saputo dal Bertini che il dottor Franceschini non era assente, si diresse alla casa di quest'ultimo, che era vicina alla Porta del Serraglio fuori di citt

Tornò il Martini ad annunziare che tutto era in ordine per la partenza, e alle due antimeridiane lasciavano la Stazione il Generale e Leggero guidati dal Martini e dal Sequi, e raggiungevano la vettura che li aspettava presso la stanza mortuaria dietro le mura della citt

Si spiegò in parte il Sequi dicendogli esser per accingersi ad impresa arrischiata onde salvare la vita preziosa di tali, in confronto di che poco costava la loro avere fatto assegnamento sulla devozione del compagno alla causa nazionale ma se non sentisse il coraggio di arrischiarvisi si ritraesse pure, che in ogni caso si fidava sulla di lui discretezza; al che, con risposta semplice, spontanea, e altamente onorevole, replicava il Barbagli: «Se tu ed essi vi salvate, sarò salvo anch'io; e se dovremo incontrare male non mi lagnerò per questo con te,» e tirarono innanzi.

Qui non est dubium ad alium non vigilat, quod, superatis nobis, posse expeditius et liberius sequi cogitationes et designa sua in provinciis asiaticis, in primis contra illustrissimam dominationem suam et alios dominios asiaticos, cum ipse fedifragus nemini fidem servet, aut juramentum teneat. Quin imo, spreta omni fide, violatoque juramento, multos dominios perdidit, et poenibus delevit.

Ma la fortuna d'Italia preparava ad due sconosciuti una via più sicura. Enrico Sequi, giovane ingegnere preposto alla direzione di alcuni lavori stradali che si compievano in vicinanza di Vaiano, vicino villaggio posto sulla destra del Bisenzio, si incamminava verso il monte cacciando. Pervenne così al Molino di Cerbaia, a quattro chilometri dal paese, ed erano circa le ore 8 di mattina. Pispola col fare ciarliero del campagnuolo semplice e rozzo gli raccontò che un'ora avanti si erano presentati al Molino due forestieri, i quali avevano chiesto di rinfrancarsi, e di proseguire la strada per Pistoia; intanto erano a tavola, e venivano preparati i cavalli secondo il desiderio loro; concluse invitando il Sequi a fare compagnia agli ospiti. Questi, sorpreso dalla novit

Ebbe la polizia sentore del fatto dopo qualche giorno, o fece arrestare, prima tutta la famiglia di Pispola, che come inconsapevole fu rilasciata, quindi l'ingegnere Enrico Sequi, sostenuto in carcere per qualche giorno, e liberato per mancanza di prove, tanto seppero i bravi patriotti accoppiare la prudenza all'ardire.

Si scossero i due incogniti a quella esclamazione di affettuosa premura, e il più attempato di loro, alzatosi in piedi, fissò i suoi occhi negli occhi del Sequi, e dopo un lampo di esitazione si slanciò a braccia aperte verso di lui dicendo: «Amico, Garibaldi è nelle vostre braccia

Arrivò il Sequi a casa Bardazzi, e raccontò ai due fratelli, che lo stavano aspettando con impazienza, come la sua gita avesse avuto esito favorevole, e come fosse ormai assicurato l'appoggio dei patriotti di Prato. Ne esultarono i Bardazzi, e fu stabilito che il maggiore farebbe preparare una modesta refezione per gli ospiti illustri, i quali si sarebbero fermati in casa sua nel passare da Vaiano, e che il minore, come per et