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Aggiornato: 27 giugno 2025
Il secondo cassetto superiore, a sinistra, nell'antica scrivania di Carlo, contiene un altro piccolo museo amoroso. Sono i ricordi delle donne che hanno amato il curioso signore.
Allora si decise coraggiosamente ad aprire uno di quegli usciuoli e cacciarvi dentro la testa. Il signor Pannini? domandò egli. In quello scompartimento c'erano due giovani elegantemente vestiti che discorrevano: uno seduto ad una scrivania, l'altro in piedi accanto a lui.
A don Davide ne fece di quelle da farlo venire di sopra con gli occhi pieni di pianto. Una volta che il direttore dell'Osservatore Cattolico si era permesso di mettere, per distrazione, le dita sulla scrivania del direttore, il signor Reoboamo Codebò gli disse in tono grave: 2557, tenete giù le mani! Un'altra volta.... Ma non ricordo più bene il perchè.
Lo studio, dalla tettoia vetrata, era illuminato di luce diurna; non troppo ampio, d'esatte dimensioni, con due finestre prospicienti la strada; a fianco dell'una stavan la scrivania e le poltrone di pelle a borchie d'ottone, e innanzi all'altra una giardiniera con alcuni vasi di fiori dai freschi sbocci. La parete cui s'appoggiava la poltrona della scrivania era coperta fino a met
La donna si passò una mano sulla fronte, perchè dovevan presentarsele più argomenti d'eguale importanza, che voleva tutti enunciare, in bell'ordine; e all'uopo, sedette di nuovo innanzi alla scrivania, donde mi riusciva quasi di faccia. Ma mi alzai io dalla poltrona. Ebbene, dissi un po' seccato. Non si parte, perchè partire o rimanere è affatto indifferente, come tutto il resto.
Stavo per prendere un gelato, quando il Sindaco venne a dirmi in un orecchio: Vada nel mio studio, senza farsi scorgere; la mia signora lo attende. Ah! Era splendida, elegantissima!... Ella chiuse l'uscio, mi prese per una mano e mi condusse davanti a la scrivania. Segga; mi aiuti. Un altro segreto? dissi sorridendo e con voce turbata. Un altro segreto.
Allora... oh, allora sentì che era salva!... Si accomodò in fretta le vesti, la mantellina, il cappello; si guardò attorno un'altra volta, come incerta, esitante, poi, ad un tratto, parve risolversi e si avvicinò alla scrivania, aprì un cassetto: c'erano le sue lettere unite insieme, legate col nastrino azzurro.
Dalla via Gennaro Serra, un continuo rumore di carrozze si udiva: tutti uscivano dalle loro case, tutti se ne andavano per le strade, a respirar meglio, a guardare le stelle, a godere la notte napoletana bella, fresca nelle ore alte. Egli si fece di nuovo al balcone, soffocando: ritornò alla scrivania, si rimise a scrivere, ma non vi riuscì. E perchè avrebbe dunque scritto?
Il marchese Antoniotto era seduto davanti alla sua scrivania; ma tosto si alzò per farsi incontro al Gallegos, e per chiedergli con garbo signorile qual buona ventura gli procacciasse di vedere il padre Bonaventura in quel punto.
Le altre pareti erano occupate, una dal camino colla rispettiva cassina per la legna, l'altra da una scrivania sulla quale i ragazzi facevano i compiti di scuola, quando il signor Dogliani non ci sedeva lui col suo librone dei conti. Il signor Dogliani era un uomo sulla cinquantina, taciturno, spesso accigliato, un po' scontroso.
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