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Aggiornato: 15 maggio 2025


La vetrata è aperta e al levarsi della tela si vedono passare sulla via, or lentamente, ora in fretta, parecchi che l'attraversano. È ancora chiaro. Amalia, seduta presso alla soglia del «basso» sbuccia e affetta patate e le lascia cadere in una conchetta che ha accanto, a terra. Di tanto in tanto avanza il capo a guardare nella via. Quindi Nunziata.

Non è vero che il vetro al finestrino glie lo han rotto dall'orto. Lo ruppe lei, tempo fa, sbattendo la vetrata. Non avrebbe detto nulla all'amministratore se non fosse capitato il piccino, ch'è malaticcio e debole. E col vento in casa... Sentite, interruppe la rivendugliola io vi do questo paio di calze pel piccino e voi glie le portate a donna Nena, poveretta.

Tenendo ancóra una mano alla vetrata che si richiude e reggendo con l’altra un fresco viluppo di vitalbe che le fioriscono il petto fin sotto il mento, ella dal gradino si sporge verso la cameriera che le va incontro con cautela per non fare strepito. La Rondine. Non è l

Il medesimo broccatello verdebianco si sbiadisce su le seggiole, su le poltrone, nelle tende, nella portiera dell’unica porta. È un pomeriggio di maggio. Il sole, traversando i grappoli spessi di glicini, fa una luce d’ametista come se accendesse la tonaca paonazza d’una Martire nella vetrata d’una cappella.

Nella terza parete alcuni gradini, compresi entro la grossezza del muro, salgono a una larga vetrata che d

Di mezzo al fumo denso del tabacco le giungevano li schiamazzi e le mozze parole di Peppuccia e della Pica. Ma la vetrata si aprì. E comparve su la soglia il Fiorentino, tutto avvolto in un pastrano, come uno sbirro.

Lo studio, dalla tettoia vetrata, era illuminato di luce diurna; non troppo ampio, d'esatte dimensioni, con due finestre prospicienti la strada; a fianco dell'una stavan la scrivania e le poltrone di pelle a borchie d'ottone, e innanzi all'altra una giardiniera con alcuni vasi di fiori dai freschi sbocci. La parete cui s'appoggiava la poltrona della scrivania era coperta fino a met

L'indomani, alle due, il marchese di Vharè domandava al portiere dei Della Valle, se la contessa era in casa, e se poteva riceverlo. È in casa di certo, ma non so se riceve. Andate a vedere. Il portiere uscì nella corte e suonò un campanello, che fece spuntare la testa d'un servitore alla vetrata della galleria del primo piano. La padrona riceve? gli gridò il portiere. Non so.

Butta nella strada i quattro soldi avvolti in un pezzetto di carta. Si ode ancora romoreggiare, nel vicolo, la folla. Marco, Annetiello e Rafele entrano nel «Banco del Lotto». La tela. La casa di donn'Amalia; un basso. Di fronte allo spettatore una vetrata che si chiude di dentro. A destra della vetrata, nell'interno del basso, è un «comò» sul quale è una campana di vetro.

Addossata a una delle colonne che sostengono l'arco nel peristilio del grande albergo di Stresa, Vittorina Ornavati rivolgeva a stessa quella domanda a proposito d'una giovanissima donna, chiusa in un ampio mantello azzurro, la quale guardava insistentemente dalla vetrata nella strada.

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