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Aggiornato: 21 maggio 2025


Ma i capitani Guelfi cotesto giorno tanto avevan fidato nelle promesse del Fortebracci, che non s’erano curati neppure di portar seco le macchine per tentare un assalto. Le fosse lungo le mura eran larghe e piene d’acqua; ma per queste avevan provvisto con ponti da gittarvi su prontamente. Or come s’accorsero esser vano l’attendere che, abbassato il ponte levatoio, la saracinesca di quella porta si sollevasse: vedutisi d’altronde troppo esposti sotto muraglie formidabili: mentre, ancora esitando, inclinavan però alla ritirata; ecco che ad un tratto si vede aprire la fatal porta! Fu quello un momento di lusinga per loro, ma quasi a un tempo di terribile disinganno! Perchè invece come, alzata la cateratta d’un gran bacino, si riversa fuori un fragoroso torrente, si videro uscir da essa a carriera in gran numero feritori a cavallo de’ più arrischiati: che, fattasi protegger la sortita da quei delle mura per una gran pioggia di pietre, e di giavellotti, alla testa dell’audace capitano Lippo de’ Vergiolesi, piombarono loro addosso; prostrarono le prime schiere gi

Si aggiungeva a smarrirli altra avventura: i Vandamme, Stoldo dei Rossi, e lo scarso avanzo dei compagni, fuggivano a dirotta verso la porta; quando vi furono vicini di circa venti passi, veduta la saracinesca calata, conosciuti i compagni, vergognando di essere stati côlti in quell'atto di fuga, sapendo ogni via di salute chiusa, si misero in abbandono del corpo, e urlando ferocemente si avventarono contro gl'inseguenti: e' fu indarno; sopraggiungeva tempestando Manfredi, da ogni lato sboccavano feritori, e facevano pressa all'intorno.

Manfredi, ricevuti prigionieri i fratelli Vandamme, Stoldo con sei dei cinquanta che si avventurarono al rischio, voleva ordinare che si alzasse la saracinesca per fare impeto contro il nemico, e ributtarlo lontano dalle mura: all'improvviso ode alle spalle un correre imperversato di gente, un gridare incessante: «Il nemico! il nemicovolge la faccia, e mira sventolare sul torrione della porta del Rapido una bandiera che non gli sembra la sua; aguzza lo sguardo, si frega gli occhi, rimira, e: «Se Dio ci aiutidomanda al Conte Calvagno, che gli stava da presso, «cotesta non mi pare la nostra bandiera: guardate un po' voi, Conte, che l'aria è fosca, e noi non iscorgiamo bene

Per comprendere questo strano tipo bisogna vederlo nel suo vecchio castello di Brolio. Quello è la cornice di questa figura di Holbein. Quel castello non è mica una ruina. Sembra fabbricato d'ieri, talmente è completo, instaurato in tutte le sue parti, studiato in tutti i suoi dettagli. Si direbbe, a vederlo, essersi in pieno XV secolo, alla vigilia di un assedio o di un assalto. Non una pietra che scaltrisi dai vecchi muri, i fossati: intatti e netti, non un anello irrugginito nelle catene dei ponti levatoi, non un chiodo che manchi ai ponti ed alla saracinesca. La sala d'armi dei suoi antenati è in ordine e le armature ne sono ricche e numerose. Ed il barone attuale, per provare che egli non è degenere, le indossa di tempo in tempo, in convegno di amici, e ne regge il peso senza soccombere. Se degli arcieri non vegliano più sulle torricelle del vecchio castello, dei terribili molossi ne guardano le porte. Poi vi si trova un'eccellente biblioteca e dei magnifici giardini. La domenica, il barone Bettino, come gli eroi di Walterscott, legge la preghiera nella grande sala del castello ai suoi contadini ed ai numerosi suoi domestici, ed il cappellano resta in piedi al suo fianco. Il barone sposò una nobile giovinetta della famiglia dei Bonaccorsi. A capo di nove anni, passati quasi sempre nel recinto del castello, questa graziosa castellana morì, lasciando un'unica figlia. Ed al letto di morte solamente fu dato ai parenti vederla. L'imperio misto di signor feudale e di patriarca, che il Ricasoli esercita sulla sua corte e su i suoi fittaiuoli, non ha più l'aria dei tempi nostri. Entrando a Brolio, si lascia il XIX secolo ai limitari. L'et

Superata la porta, mancava a vincere la saracinesca: riprincipiava lo strazio, chè i Pugliesi traverso le fessure scagliavano dardi senza posa, e i Francesi non avevano balestre da rispondere; si arrovellavano intorno ai pali, e di così rabbiosi fendenti li colpivano, che dove non fossero stati foderati di rame, rotti in mille stiappe, avrebbero dato l'ingresso: ma il rame resisteva all'impeto; i vani conati accennavano quello essere disperato travaglio, che non poteva, se non con tempo e pena infinita, condursi a buon termine.

Questo punto, presso la torre, era la mèta più ambita delle mie peregrinazioni. E' una solitaria marina, celebrata dalla leggenda d'Omero. La saracinesca è caduta; porte e finestre sono chiuse ed invano tentai penetrarvi.

Dopo una breve zuffa, Montoni ed i suoi sconfissero i nemici, i quali, in minor numero, e poco interessati forse nell'impresa ond'erano incaricati, fuggirono di galoppo. Bernardino sparve fra le tenebre, ed Emilia fu ricondotta nel castello. Ripassando dal cortile, la memoria di quanto aveva veduto nella stanza del portone rinnovò in lei i terrori primieri; e quando udì ricadere la saracinesca che la rinchiudeva ancora in quelle mura formidabili, fremè, ed obliando quasi il nuovo pericolo cui era sfuggita, non poteva comprendere come la vita e la libert

E tutto questo in brevissimo spazio di tempo, senza strepito, o con pochissimo, che il vento non lasciò giungere fino alla sala di guardia; la quale era sulla fronte del castello, tra la saracinesca e il ponte levatoio, secondo il costume d'allora.

Emilia intanto, nell'uscire, osservava il castello, il quale non era più immerso in tetro silenzio, come quando eravi entrata; dappertutto era uno strepito d'armi, un affaccendarsi ai preparativi di difesa. Quando fu uscita dal portone, quando s'ebbe lasciato indietro quella formidabile saracinesca, que' tetri bastioni, sentì una gioia improvvisa, come di schiavo che ricuperi la sua libert

Dopo alcuni momenti di zuffa bestiale, in che combatterono perfino co' morsi, smarrita la lena, lanciarono quelle armi, che erano loro rimaste, per aria, e chiesero quartiere: se giungesse amara la vista a quelli che stavano fuori della saracinesca, sel pensi chi legge; vi fu un Barone che giunse a tanto acciecamento, che internò la mano armata di scure nelle fessure, pensando di poter ferire nella zuffa che si combatteva a venti e più passi di distanza da lui; un fendente calato da Giordano Lancia, che gli recise il braccio alla giuntura del gomito, gl'insegnò a non introdurlo mai più nelle fessure delle saracinesche, e la Cronaca ricorda che ne facesse senno pel séguito.

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