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Aggiornato: 13 maggio 2025


In essa si notavano il castello di San Pietro e quello di San Felice, entrambi ricchi di solide muraglie, di torricelle, di opere a corno e di terrapieni d'ogni maniera, demoliti in buona parte in forza del trattato di Luneville nel marzo 1801; Castel Vecchio di remota costruzione Scaligera con grossi parapetti, feritoie sui piloni del classico ponte e merlature, opere deturpate anch'esse in virtù del detto trattato; e la cinta murata con le numerose porte, cortine e bastioni illustrati dall'arte del Sammichieli.

Nel 1848 si accusava il barone Ricasoli di nascondere dei cannoni al servizio del Granduca. Ed infatti la polizia trovò dei cannoni dietro i vecchi merli delle sue torricelle, ma erano dei cannoni di legno, dipinti in bronzo, per effetto del paesaggio! Ricasoli scrive con eleganza fredda e sentenziosa, ha il gusto delle arti. Il suo spirito è colto, ma sdegna farne parata.

Passiamo fra due enormi banchi che da bordo si distinguono benissimo, poi viriamo sulla destra per entrare in un canale segnato da torricelle di muro che poggiano sui depositi corallini, e prima del tramonto gettiamo le ancore a pochi metri da Suakin, dove siamo subito circondati da piroghe montate da bellissimi ragazzetti neri, che quasi rivali d'Adamo in fatto costume, ci si offrono per traghettarci a terra.

Quando la carrozza entrò nel bosco che circondava il suo antico patrimonio, e che scoprì il viale di castagni e le torricelle del castello, nel pensare agli avvenimenti trascorsi in quell'intervallo, e come il possessore attuale non sapesse apprezzare, rispettare un tanto bene, Sant'Aubert sospirò profondamente; alla fine, entrò nel viale, rivide quei grandi alberi, delizia della sua infanzia e confidenti della sua gioventù.

E lavorarono bene. In poco d'ora, in tutti i paesi civili, Francia, Inghilterra, Russia, America, Grecia, e specialmente in Italia, la bruna Mignon sempre sospirata dal sentimentale scimmione teutonico, sorsero, come per incanto, tante e tante torricelle di celluloide, immediatamente collegate con mille fili al gran torrione centrale di Berlino.

E dentro queste torricelle, bene isolati dalla comune dei mortali, vissero e vivono i filologi ortodossi, favellando un lor gergo speciale, ragionando con una specialissima logica, adottando usi e costumi peculiari, strani, ben differenti da quelli della misera gente profana. E non hanno avuto ancora il loro Figuier.

Per comprendere questo strano tipo bisogna vederlo nel suo vecchio castello di Brolio. Quello è la cornice di questa figura di Holbein. Quel castello non è mica una ruina. Sembra fabbricato d'ieri, talmente è completo, instaurato in tutte le sue parti, studiato in tutti i suoi dettagli. Si direbbe, a vederlo, essersi in pieno XV secolo, alla vigilia di un assedio o di un assalto. Non una pietra che scaltrisi dai vecchi muri, i fossati: intatti e netti, non un anello irrugginito nelle catene dei ponti levatoi, non un chiodo che manchi ai ponti ed alla saracinesca. La sala d'armi dei suoi antenati è in ordine e le armature ne sono ricche e numerose. Ed il barone attuale, per provare che egli non è degenere, le indossa di tempo in tempo, in convegno di amici, e ne regge il peso senza soccombere. Se degli arcieri non vegliano più sulle torricelle del vecchio castello, dei terribili molossi ne guardano le porte. Poi vi si trova un'eccellente biblioteca e dei magnifici giardini. La domenica, il barone Bettino, come gli eroi di Walterscott, legge la preghiera nella grande sala del castello ai suoi contadini ed ai numerosi suoi domestici, ed il cappellano resta in piedi al suo fianco. Il barone sposò una nobile giovinetta della famiglia dei Bonaccorsi. A capo di nove anni, passati quasi sempre nel recinto del castello, questa graziosa castellana morì, lasciando un'unica figlia. Ed al letto di morte solamente fu dato ai parenti vederla. L'imperio misto di signor feudale e di patriarca, che il Ricasoli esercita sulla sua corte e su i suoi fittaiuoli, non ha più l'aria dei tempi nostri. Entrando a Brolio, si lascia il XIX secolo ai limitari. L'et

Giunto in vista della villa, Guido Olderico moderò la corsa del suo cavallo. Da lontano, posta alle falde della collinetta arrotondata come un'enorme mammella, circondata da un boschetto di pini e di castagni, la villa della duchessa aveva un aspetto assai pittoresco coi suoi padiglioni, le sue torricelle e i suoi tetti acuminati.

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