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Sempre me volete dare li cavali, voi; e sempre me fate andare a piedi con le scarpe mezze rotte e mezze straziate. PRUDENZIO. Non piú parole; e fa' che tu stii cheto; e fa' che sempre non te abbiamo a fare uno epilogo sopra el vivere tuo. Háime inteso? perché non respondi? che guardi? a chi dico io? MALFATTO. Uhu! uhu! uhu! PRUDENZIO. Che parlar, che gesticoli de asino son questi?

MASTRO ANTONIO. Mi no voio tante feste, digo. PRUDENZIO. Non me andate, de grazia, tentando de pazienzia; ché, se ci revoltaremo, vi parerá che non è necessario de stare a vociferare qui come un demente. MASTRO ANTONIO. Mentite pur vu; e, se no me paghé, farò... PRUDENZIO. Odite. Non entriamo in su le parole altercatorie. Parlate equamente, e basta. MALFATTO. Sta' a vedere che faremo alle pugna.

Ma sai che si vuol fare? che, come te ssi rimbatte piú innanzi, tu gli va di dietro; ch'io me delibero di sapere s'ell'è dessa o no. PRUDENZIO. Impulsant campanicule. RUFINO. Patrone, ecco il vostro rivale. CURZIO. Guarda cera de furfante! Andiamogli incontro.

Oh terque quaterque infelice Prudenzio! a cui poco le virtú e le lunghe lucubrazioni e i quotidiani studi prosunt.

Te nne andate, eh? E io ancora. LUZIO. Oimè! Mastro mio, perdonateme, ché io non lo farò mai piú. PRUDENZIO. Pigliate, pigliate quel capestrunculo. LUZIO. Eh! mastro mio, non me ammazetis. PRUDENZIO. Giotto! cinedulo! A questo modo si fuge dal gimnasio, eh? Latruncolo! inimico del romano eloquio! LUZIO. Eh! mastro mio bonus, perdonateme. PRUDENZIO. No, no.

MALFATTO. Uhu! uhu! uhu! PRUDENZIO. Che ch'io ti farò parlare! MALFATTO. Perché volete che parli, se prima me dite ch'io stia cheto? PRUDENZIO. Io te ho detto che tu lassi parlare prima al mastro e che poi respondi. Dove sei andato, Malfatto? non odi? MALFATTO. Missere! missere! PRUDENZIO. Malanno che Dio te dia! Dico che venghi nosco. MALFATTO. E quando?

PRUDENZIO. giú per quel trivio. MALFATTO. Non erano se non doi, recordatevene bene, e non tre. PRUDENZIO. L'è vero. O camina, adunque; e torna tosto. MALFATTO. Quanto tosto volete ch'io venga? com'un sasso? PRUDENZIO. E camina, poltronee! ch'in questo mezzo voglio andare ad informandum curiam. MALFATTO. Oh mastro! oh mastro! Io non li veggio. PRUDENZIO. Va' correndo giú per quella via.

E cosí, refrigerando e sanando le vulnere ch'ho nel corculo e nello èpate, in rubeo si divertirá el colore busseo. MASTRO ANTONIO. Non bisogna battere, ché averta la porta. PRUDENZIO. Non posso stare ad exemplificarvi, al presente. Andate, ch'io ne verrò statim. MASTRO ANTONIO. Stasí pur quanto che ve piase.

PRUDENZIO. Cur non desinis? perché non me lassi parlare? MALFATTO. Perché io so quello che volete dire, però. PRUDENZIO. Ché non lo dici, adunque? MALFATTO. Che volete che dica? PRUDENZIO. Se sei andato dereto a coloro. MALFATTO. A chi coloro? a quali? Fate che ve intenda. PRUDENZIO. Guarda viro impudente, latibulo di spurcizia! Dime un poco: chi te dette quelli quatrini?

PRUDENZIO mastro, MALFATTO servo. Omnia vincit amor et nos cedamus amori. Certamente pare, al giudizio dei periti, che totiens quotiens un uomo esce delli anni adolescentuli, verbi gratia un par nostro, non deceat sibi l'amare queste puellule tenere; benché dicitur che a fele, senio confetto, se lli convenga un mure tenero.