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Aggiornato: 17 maggio 2025


Il Cresti arrivò a Cadenabbia sul punto stesso che il fattorino usciva dalla Posta con un telegramma per lui. Date qua disse, strappando quasi di mano all'uomo il foglietto. E tornò su' suoi passi, senza leggere. Invece di svoltare sulla strada ripida del Pioppino, tirò diritto coll'idea sottintesa di portare la notizia al Castelletto. Ma quale notizia? l'aveva in pugno e non osava guardare.

Da qualche tempo i pochi amici canzonatori notavano che il solitario ortolano del Pioppino faceva degli sforzi straordinari per essere bello ed elegante. Ezio Bagliani, che tra i burloni era forse il più feroce, voleva vedere in certe scarpe alla polacca che il Cresti portava con ostentazione, una specie di dichiarazione per la bella sua cuginetta che abitava al Castelletto. Altri nelle doppie suole e nei talloni alti di quelle scarpe volevan vedere lo sforzo d'un uomo corto di gambe per sollevarsi di qualche centimetro sul livello normale del lago. Cresti lasciava dire e si limitava a sogghignare di quel sorriso muto, che gli irritava le mandibole sporgenti senza arrivare a muoverle: o digrignava i denti o si lasciava trascinare a pungere il suo tormentatore col puntale dell'ombrello eternamente chiuso. In fondo sentiva che tutti gli volevan bene e che in un momento grave sapevan far conto dell'ortolano del Pioppino. Ezio Bagliani, per esempio, il più dissipato di tutti, aveva più d'una volta ricorso all'aiuto segreto di Beniamino Cresti, quando nelle sue strettezze di studente, non osava affrontare la faccia dura di pap

Qualche volta approvò con una punta di canzonatura il romito del Pioppino. Ma veniamo al nostro caso. Per quanto il rimandare di qualche mese ancora quel che dovrebbe essere gi

Un'altra volta il discorso cadde sulle grandi obbligazioni che sua madre aveva verso il signor Cresti del Pioppino e sull'avvenire incerto che avrebbero incontrato tutt'e due, se per non voler più aumentare queste obbigazioni, Flora avesse persuasa sua madre a lasciare il Castelletto e a seguirla in una grande citt

Riavutosi dal primo colpo, però colla testa ancora intronata, prese a salire col passo rotto e pesante la strada del Pioppino, che mai gli si era presentata così ripida. O povera gente! andava rimpiangendo impaurito all'idea dello spavento che doveva recare a Massimo, a donna Vincenzina e a quelle povere signore del Castelletto.

Verso le tenebre. Pioveva a dirotto quando Cresti la vide venire per il viale delle mortelle sotto un piccolo ombrello, che riparava a stento la testa, colle gonnelle raccolte sui fianchi per difenderle contro i colpi di vento. A tutta prima stentò a riconoscerla: poi disse correndole incontro: Flora? al Pioppino con questo tempo? Proprio io.

E su questa sentenza i due amici camminarono in silenzio verso al Pioppino. Una visita. Flora da quel giorno famoso in cui Ezio l'ebbe tre volte baciata sui capelli, cominciò a discorrere con la mamma e colla Regina del suo dovere di regalare un nuovo manto alla Madonna del Soccorso per ringraziare la Benedetta d'averla salvata dal fulmine.

Non era una vendetta, ma una legittima difesa. Promise di mandare altre notizie di mano in mano che arrivassero, e augurando la buona notte a tutti, senza guardare in viso a nessuno, ritrovò al buio la strada del Pioppino, e rientrò nella sua solitudine, dopo una lunga e perfida giornata, come un capitano, che dopo una tremenda disfatta, pianta le tende in qualche luogo sicuro.

Il signor Ezio mi ha raccomandato di consegnarla subito stasera, ma c'è voluto del bello a trovare il Pioppino con questo buio. Qualche cosa di male? Ho paura di . È partito, credo per la Svizzera. A Tremezzo si dice si abbia a battere in duello. Venite dentro. No, torno subito, mentre son gi

Sulla porta della sala, due passi dietro la donna dei fichi, s'era fermato anche lui in un atteggiamento tra il comico e il disgustato, il solitario del Pioppino, che teneva tra le mani un canestrello di vimini, coperto da un tovagliolo, una vera figura anche la sua di presepio meccanico.

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