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Aggiornato: 18 giugno 2025


PILASTRINO. Possa sfogar tanto che ne rimanga agghiacciato per sempre. Non restar giá per me. GIRIFALCO. Sempre ho stentato; mai mi ho tolto un'ora di buon tempo, in questa vita, per non stentar sempre. Ed or che l'etá mia richiederebbe qualche riposo e d'animo e di corpo, cosí dentro mi sento travagliato, inquieto e confuso che desio talor la morte come cosa dolce.

Ben mi pareva d'avervi sentito; e però son venuto in su la porta ad incontrarvi. PILASTRINO. Come sta la cena? GIRIFALCO. Sará in ordine a l'ora; ma, se pensi di trattarmi cosí... PILASTRINO. Perché? GIRIFALCO. Spendesti piú di mezzo il ducato. PILASTRINO. Non è vero. Eccoci a brontolare. Ah discrissione! Orsú! Fa' che beviamo almeno, un tratto, acciò che meglio possiam ragionare senza seccarci.

Ma saria cosa lunga. ARTEMONA. E come è fatto? di cera? PILASTRINO. Non ne vidi mai ritratto: come intraviene ancor di molti idii che fanno il grande e non si mostran mai in forma alcuna.

PILASTRINO. Non so vedere altrimenti le stelle a mezzo giorno se non sotto la botte; ma son certo che non le vedrò giá sotto la tua, subbio e telare, a mille opre d'aragna ch'ivi tesse la muffa per vestirne gli amici de l'aceto e del vin guasto. Resta con Dio. So dir che sei persona d'aver teco de' topi e de le mosche in compagnia. E da lor sei fuggito, così sei largo!

E, se ne l'altro mondo si facesse talvolta colazione, la morte mi faria poca paura; ma, quand'io penso che non vi si mangia e non vi si bee mai, divento matto. Oh Dio! Abbia pietá di Pilastrino! Non dico che mi mandi in purgatorio. Ficchimi pur ne l'inferno e nel limbo, ché, pur ch'io mangi talor duo bocconi e bea un ciantellin di malvagía ne incaco Ferraone e Satenasso.

ARTEMONA. Tu sei troppo savio. Ne son teco, di questo. A dire il vero, io truovo un gran piacere nel mangiare e nel ber ben. PILASTRINO. Perché tu hai cervello. Uno ignorante non sappria parlarne. Questo è l'amor divino che i dottori dicon ch'è cosí santo. ARTEMONA. Di', di grazia: ché, se fosse cosí, vorrei provare a fargli qualche voto. PILASTRINO. Vorrei dirti prima l'antica sua genealogia.

PILASTRINO. Hai detto assai: ma non t'intendo. CRISAULO. Ti farò sturare gli orecchi, per mia . Dico che omai le tuoi ghiottonarie sono scoperte e che, se tu non rendi a Girifalco la robba sua, ti vo' far pigliar io e darti a l'auditore. PILASTRINO. Oimè meschino! Questa è la colazion che mi volevi dare? Oh che nuova acerba!

Listagiro e Pilastrino fanno uno incanto piacevole al vecchio il quale, per mezzo di quello, pensa, la sera, godersi di Lúcia; e, fattolo stracinare ai diavoli e leggatolo sotto una scala, gli svaligian la casa e rompengli i forzieri e escon fuori carichi di robbe con i sacchetti in mano dei danari. LISTAGIRO. O Pilastrino, non mi stringer a questo perché sai che la Chiesa lo vieta.

GIRIFALCO vecchio, PILASTRINO parasito, ORGILLA fante. GIRIFALCO. Va' sempre stenta! Caca gli occhi e 'l sangue in gioventú per non esser mendico quand'altri è vecchio! Or vedi come, al fine, tutto è niente; ché qui mai non puote l'anima aver riposo in fin che dura con la carne congiunta. PILASTRINO. Oh bel dettato!

E pur è con effetto: e in modo tal che superba e grande forse non fu mai Troia, Atene o Roma. Qui sta Crisaulo nobile; e qui Lúcia; qua Girifalco; e di Pilastrino. Eccol che viene in qua. Se sta in cervello, potrete intender da lui meglio il tutto. Siate sempre felici. PILASTRINO parasito. Buona vita, insieme con la pace di Marcone, caso che vi fermiate con silenzio.

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