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Ma son costor le stelle tutte e i Soli, Che ad onor de lo strano Ospite accolse Dentro al suo tempio la gentil Carìte? Così non piaccia al dio, che l'arte e il nome D'Ausonia ha in cura! Fra cotanta luce Non splende Olimpio ancor, colui non splende, Che, la fiera spregiando arte dei padri Che tutta chiusa nel vergineo peplo Rigida custodía l'are di Vesta, Una discinta Maddalena adduce A susurrar detti svogliati e strani Per le tiepide alcove, o a tesser balli Vertiginosi fra le nubi, e un'onda Versar quinci di nenie e di sbadigli Sopra a le folleggianti anime umane. Ecco, ei viene, ei risplende. Altero e bello Ne la modestia sua con misurato Passo s'inoltra; e, benchè svelto e lieve Scivoli sovra i piè, pur non sostenne L'arguto calzolar, ch'ei non proceda Senza un qualche rumor; però ch'ei volle Sotto al tornito stivaletto, a cui Ròdope stessa invidierebbe, un nido Porre di crepitanti e scricchiolanti Genî, che possan dire anco ai lontani: Ecco il nume, adorate! In simil guisa Da l'Olimpo al boscoso Ida venía Il saturnio signor, quando a l'incontro Dolce ridente gli schiudea le braccia La placata consorte, e sotto al passo Gli stridean le selvagge aquile e il fascio Dei serpeggianti folgori. A la soglia Fermasi un tratto; la sottil mazzetta Palleggia, ed il sereno occhio d'intorno Muove in cerca di lei, vergine o sposa, Donna o dea, ch'ai suoi lauri un qualche intrecci Gentil fior di pensiero, e stilli unguenti Sopra le nevi del ben culto crine. Bice è l

Olimpio non vedeva più, ma sentiva ancora; sicchè acquistando un cotal poco di senso comune, nel punto in cui stava per separarsene eternamente conobbe il mal fatto, e si persuase della ragione di Marzio: mosse le labbra, e mormorò alcune sommesse parole.

Donna Luisa, andando a braccio con Olimpio, così prese a favellare: Il vostro volto non mi comparisce nuovo: ma, Santa Vergine! così ho sconturbato il cervello, che la memoria non mi regge... Ah! ... me ne risovviene adesso... voi vi trovaste allo incendio della casa del falegname di Ripetta. Io? , ed eravate di quelli che si affaticavano a sovvenire i desolati.

Domani notte, tu lo hai detto. E se voi non veniste più per me? E qual profitto avrei dalla tua morte? Dove troverei un altro Olimpio per servirmi di coppa e di coltello? Ma se non veniste? Tu urleresti. Le cantine sono presso la strada, e i passeggieri ti udrebbero. Bel guadagno! Dalla cantina Cènci sarei traslocato nelle carceri di Corte Savella.

Intanto il pargolo sollevava di tratto in tratto le sue manine, e tutto vezzoso rideva, sicchè Giacomo non seppe sdegnarsi contro Olimpio; il quale, colto il destro, posto nelle braccia del padre il fantolino, soggiunse: Ora, poichè col figlio vi ho portato la pace, in grazia di questa innocente creatura, che per me intercede, io vi supplico, signore, che mi vogliate perdonare.

La botta empì di sospetto i banditi; e Marzio allora, per maggiormente spaventarli, gridò con quanto fiato aveva in gola: Maledetti! Egli è tempo questo da sentir cantare la calandra?... Alla foresta! alla foresta! La corte ci è sopra. E Olimpio, correndo, urlava a sua posta: Salva... salva... la corte ci è sopra. Il Conte... portate il Conte...

Siccome quando donna Lucrezia, mediante una finestra terrena della rocca che mancava d'inferriata, mise dentro al castello Guido, Marzio ed Olimpio era notte fitta, e la famiglia giaceva tutta nel letto, non furono visti da persona viva; così deliberarono uscire per la medesima via com'erano entrati. Guido venuto a consultare sul modo di porre in libert

In di Dio merita bene che tu gli abbia riguardo, perchè mi ha l'aria di una donazione causa mortis di qualche principe, marchese, o per lo meno, conte. Marzio guardò Olimpio una seconda volta, ma questi si rimase immobile. Marzio allora depose di buona grazia il mantello, e si assettò al giuoco.

Olimpio, stretto dalle domande insidiose, avrebbe dato agevolmente dentro a qualche scoglio, se uno dei giuocatori non fosse venuto casualmente in suo soccorso interrogando: O perchè non conduci teco questo tuo compagno don Marzio? Oh! Marzio se ne va per la maggiore; bazzica co' gentiluomini, e la trincia da duca, come se non avessimo menato vita insieme nelle foreste di Luco.

Così un uomo di sembianza sinistra, membruto a modo dell'Ercole Farnese, tenendo nelle braccia il minore dei figliuoli di Giacomo Cènci, verso di questo lo sporgeva supplichevole. Cotesta squisitezza di affetto era facile che si dimostrasse da donna Luisa amante, e madre; ma come fosse caduta nell'animo ad Olimpio, natura tristamente salvatica davvero, non si saprebbe immaginare.