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Olimpio, che camminava a mano manca di Marzio, sollevò la destra per cavarsi il cappello davanti la devota Immagine; e Marzio, colto il destro, si volse improvviso sul fianco sinistro, e gli cacciò lo stile fino alla impugnatura nel ventre. Olimpio stramazzò gridando: Marzio, che fai? O Santa Vergine, aiutami!

O perchè non hai condotto il tuo compagno don Marzio? Queste due domande andarono come due frecce a percuotere nel medesimo bersaglio: sicchè Olimpio sentendosi punto, dopo avere bestemmiato al corpo e al sangue, rabbiosamente favellò: Per avere addosso il mantello rosso gli pare essere il Conte Cènci, a cui lo ha rubato...

Domani notte, eh! Ma tu non sai, che l'orologio a polvere, col quale la passione misura il tempo dello aspettare, è la sua fiaccola, di cui gitta le gocciole accese sul cuore del povero amante? Tu invecchi. Olimpio, sei più quel desso. Prima potevano stamparti sul viso: cito ac fidelis, ch'è la impresa delle Decisioni della sacra Ruota Romana, la quale impresa però non impedisce che le liti non durino quanto lo assedio di Troia, e sieno traditrici da disgradarne Sinone. Dunque dopo il trotto contentiamoci del passo: a domani. Brevi istanti appresso, piegando il volto verso il Duca, domandava di nuovo: Quantunque per natura io rifugga da ogni maniera di indiscreta curiosit

Contro cui, donna Luisa? Contro se stesso; e temo forte, ch'egli abbia preso la volta del Tevere. Misericordia! Su, Marzio, andiamo; voi, con parte dei miei staffieri, a manca; io, con l'altra parte, a destra del fiume. Olimpio, voi accompagnate donna Luisa. Omesso ogni saluto, Guido, Marzio e gli staffieri si precipitano fuori di casa in traccia di Giacomo.

Olimpio fece su due piedi un poco di esame di coscienza, e pur troppo conobbe che Marzio aveva ragione; però essendosegli cacciata addosso una bella paura, proseguì a parlare con tronchi accenti: Ora che mi risovvengo bene... davvero... Marzio mio... bisogna che mi aiutiate a raccattare una maglia... ma che volete? Avevo una stizza addosso!

Olimpio obbediva. Francesco Cènci rimasto solo, forte si stropicciava le mani in segno di profonda soddisfazione, e con parole rotte favellava: Stamane fu pasqua. Questo si chiama vivere davvero! Un parricidio tramato, un ratto ammannito, un furto ed uno incendio apparecchiati; poi i traditori traditi, e per giunta fatto cascare un santo. Finchè io sto in questo mondo il diavolo può andarsene in villeggiatura. Io sono il rovescio di Tito: costui gemeva se passava il giorno senza fare qualche bene: io arrovello se non ho commesso una ventina di mali. Tito! Cerretano di umanit

Francesco Cènci, compita ch'ebbe la sua diabolica invocazione, si era posto a sedere placidamente, e con mollette di argento si recava alla bocca alcuni pezzi di treggèa masticandoli a suo grandissimo agio. Quando alcuni dei convitati con gesti minaccevoli gli si strinsero attorno, egli, senza neanche sollevare il capo, chiamò: Olimpio!

Perchè non lasciaste a noi la cura di saldare i nostri conti vecchi col Cènci? interrogava Olimpio. E Marzio, freddo, soggiunse: Questo è caso da assicurarcene bene ; e s'incamminò verso la prigione.

Il Conte, quantunque attendesse a scrivere, pure sentiva la vittoria del vizio su la virtù dello ingenuo giovane; sicchè soffermatosi ad un tratto, domandò sbadatamente: A quando la impresa? Facendo i miei conti, ormai vedo che fino a domani notte non ci posso entrare, rispose Olimpio.

Non v'infingete, Olimpio, perchè potrebbe darsi che il segreto non fosse più mio vostro, e a me è toccato sempre rammendare i vostri strappi: pensate che ne va la vita.