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Aggiornato: 21 giugno 2025


"Che gioja! che delizia! Innanzi e indietro andremo; Nel mar scaraventati co' Gamberi saremo!" Rispose la Lumaca: "Oimè! gli è un lontano! A me non piace un ballo cotanto ardito e strano!" Volete voi, volete, volete voi ballare? Volete voi, volete, co' Gamberi danzare?

Dopo un momento di silenzio, Emilia rispose: «Io sarò sincera con voi; voi vedete la mia situazione, e son certa che vi ci adatterete. Vivo in questa casa, che fu quella del padre mio, ma ci vivo sola. Oimè! Io non ho più genitori, la cui presenza possa autorizzare le vostre visite...

BALIA. Non è il maggior rabarbaro, figlia, per purgar l'animo di amore che l'ingratitudine, e io non so come per tante che n'avete patite voi stiate cosí ostinata in questo amore; però scioglietevi, vi dico, da questo laccio. LIDIA. Oimè, che quante volte ho tentato di sciormene me ci sono piú strettamente aviluppata, per esser a questa guisa tessuti i lacci amorosi!

SENNIA. Oimè, che questa parola m'ha veramente passato il core, ché giá mi ricordo avergli io detto questa parola in quel tempo, penso che altra persona l'ha potuto saper giamai che accadette fra noi duo soli. Io non so a chi creder io. Dio mi liberi di qualche sciagura!

GHERARDO. Oimè! A questo modo son giontato io? a questo modo, eh? Misero a me! Quel traditor di Virginio, traditoraccio! m'ha pure scorto per un montone. Oh Dio! Che farò io? PASQUELLA. Che avete, padrone? GHERARDO. Che ho, ah? Chi è colui che è con mia figliuola? PASQUELLA. Oh! Nol sapete voi? non è la cítola di Virginio? GHERARDO. Cítola, eh?

Oimè! ch'io ne so tante de queste cose e ne cognosco tanti di questi tali, per quel poco ch'io ci sono stata in questa terra, ch'io potrei, mentre che vo per la strada, aditargli e mostrar cosí: Ello n'è l'uno; ed ella l'altro, colá. E chi piú di questo sciagurato del mio patrone meritaria che la moglie gli facessi vergogna?

ESSANDRO. Che isconsigliato consiglio fu quello che tu mi desti! PANURGO. Chi avesse potuto pensare che avessero voluto venir cosí presto? ESSANDRO. Aiutami, ch'io moro! PANURGO. A che voleti che vi aiuti, a dolervi? ESSANDRO. Oimè! PANURGO. Oimè! MORFEO. Oimè! ESSANDRO. Oimè, che mi moro di dolore! PANURGO. Oimè, che mi moro di dolore! MORFEO. Oimè, che mi moro di fame!

Pensa se è bello! GIRIFALCO. Tu non di' da vero. E come 'l sai? PILASTRINO. Ti voglio dir la cosa. Passava ier da casa di Calonide. Ed erano ivi aspettarlo a la porta duo servi o tre. E mi fermai con loro, alquanto, a ragionare; e intesi questo con mille altre grandezze che di nuovo fa per colei. GIRIFALCO. Oimè! che mala nuova è quella che mi porti, sciagurato!

Ditemelo prima, e se sarò quella che voi cercate, verrò su; se no resterò quì inchiodata sino a che sarò qualchedun'altra' ma, oimè!" sclamò Alice, versando un fiume di lagrime. "Vorrei che mettessero fuori la testa! Son tanto stanca d'esser quì, sola!"

Immorigerato puerolo, ficoso catamito, inter socraticos notissima fossa cinaedos! TEODOSIO. Mai suole venir una grande allegrezza che non si tiri appresso una grande amaritudine. Oimè! che l'allegrezza dell'acquistata libertá non mi fu tanto dolce quanto or m'è amaro vedermi scacciato dal luogo dove sperava essere disiosamente ricevuto.

Parola Del Giorno

emiliano

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