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Aggiornato: 22 giugno 2025
Disgraziatamente quel giorno il notaio Cipolla non era in villa, e quando Giusto ebbe chiesto di lui alla fantesca, e la fantesca gli ebbe risposto di cercarlo a Milano, egli non poteva far altro che andarsene. Nondimeno si provò a domandar notizie di Cristina, ma ahi! la buona fanciulla era ammalata e appunto il dottor Cipolla era corso a Milano a informarne il babbo.
Oh ma l'Enrico non è re di Francia e noi non siamo a Pavia sclamò il notaio con un certo disprezzo. Se a Milano si sapr
Rodrigo di Escobar, regio notaio di un’armata ridotta a due navi, anzi a due caravelle, aveva adempiuta la sua commissione. Disceso coi suoi compagni alla spiaggia, dove lo aspettava il palischermo della Santa Maria, si ridusse quella medesima sera al bordo della capitana. Portava egli a Cristoforo Colombo i saluti del cacìco Guacanagari, molti pappagalli e una certa quantit
Scusi, disse il notaio, ma per ragione del mio ministero, mi bisogna parlar prima colla cliente. S'avvicinò al letto. I suoi occhi gi
No, rispose Enrico, non mi ero ancora mosso dalla camera del povero babbo. Sono andate a messa, disse la balia. La signorina Elisa non vede l'ora di vederla, aggiunse ella sottovoce, mentre il notaio s'era voltato. A proposito, ripigliò questi tu l'avrai gi
E Carlo sfogò il dispetto con atti disperati ed assurdi. Sguinzaglia i suoi a un ultimo sterminio delle campagne; che cadde su i luoghi sacri, poich'altro non rimaneva men guasto; e andò sì oltre, che fin le colonne e le travi strascinarono al campo; e nel monistero di nostra Donna delle Scale spogliarono gli altari, e ruppero e contaminarono ogni cosa. Poi il re saltando all'estremo opposto, offre ai Messinesi di rimetter tutte lor colpe, consentir tutte inchieste, sol che tornino sotto il suo nome: ed essi con onta e scherno rifiutano . I tradimenti anco tentò, praticando col giudice Arrigo de Parisio, il notaio Simone del Tempio, Giovanni Schaldapidochu, e un Romano, che di furto mettesser in citt
Siamo in villa, sul lago di Como. Potevano essere le otto d'un bel giorno di settembre. Il notaio faceva il suo solito sonnetto del dopo pranzo. La signora Eugenia era salita a trovare la cameriera, che s'era messa a letto con un febbrone. Elisa era uscita sul terrazzo, che dava sul lago, e stava l
Stavano dunque radunati nel salotto attiguo alla sala da pranzo il notaio, le due donne e il marchese, che era venuto come il solito, verso le otto a far la sua visita per trovarsi fra gli amici di casa e per vedere l'Enrico. Il babbo schiacciava un sonnellino. Il marchese parlava colle due donne di cose indifferenti. Elisa era distratta.
Rosa e Carolina rimasero nel molino assieme a un antico e fedele garzone, e il mio buon parente, durante il resto della sua vita, non s'occupò che di loro. Venuto a morte anche lui, dopo quattro anni da quella di Francescone, chiamò il notaio, gli ripetette le medesime raccomandazioni del mugnaio e non una ma cento volte lo pregò che m'interessasse in coscienza alla sorte delle due ragazze.
Dunque, seguitò rivolto al notaio, che gli stava di fronte, in piedi, non ne facciamo nulla. Io scongiuro il signor conte a prender tempo a rispondere. Vorrei recare una parola di speranza....
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