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Aggiornato: 7 giugno 2025


Ora, tornando al Bentivoglio, era verissimo quanto di lui aveva saputo il Morone da quel tal Marsiglio di Lodi. Verissimo che essendogli giunto a notizia l'arrivo del Baglione (il quale, a gratificarsi i Francesi, avea seco condotto cinquecento lance per aggregarle all'esercito del re, e intanto aveva posto gli alloggiamenti a Lodi) tosto erasi col

Speriamo che lo sopporti. Ma intanto che tu vai a Cremia, io provvederò a ciò che rimane a farsi coi mercenarj di Manfredo; credo che per quindici giorni ancora vi siano i denari per le paghe, passati i quali, se non giunge un soccorso dal Morone o da altri, bisogner

L'uomo di camera del Morone intanto, recatosi difilato all'osteria del Pomo d'Eva, appena ebbe messo il piede nel primo salotto a terreno, la persona appunto che tosto gli cadde sott'occhio fu l'Elia Corvino, che seduto rimpetto all'uscio innanzi ad una tavola, non attendeva gi

Il stesso che i due amici avevano a partire il Guicciardini ricevette una lettera dal Morone, dove insieme alle molte cose riguardanti l'Italia e il pontefice e la futura impresa, veniva parlato del Palavicino con molte notizie intorno al medesimo, e l'ultima della di lui andata a Milano, toccando della qual circostanza, il Morone supplicava il Guicciardini, a stare attento, come più vicino a Milano, se mai gli giungesse la nuova di qualche sciagura, e a scrivergliene tosto a Roma.

Un momento dopo v'entrò anche il Morone, che, accorgendosi della commozione dipinta sul volto d'ambedue: Che c'è egli di così grave? domandò. Oh Dio!! Dategli la lettera Manfredo. Questi senza parlare, gliela consegnò. Intanto che il Morone leggeva, Manfredo continuava a passeggiare per camera. E così? disse il Morone quand'ebbe finito di leggere.

Ed era veramente il caso di coglier la parola al volo, perchè il Morone avrebbe voluto bensì che il Corvino si fosse preso sopra di l'assunto di stornare in qualche bel modo le nozze del Baglione colla Ginevra; ma esso non gliene avrebbe mai data espressa commissione. Era collocato troppo in alto perchè gli sguardi non avessero a cadere su lui, e troppo gli premeva l'integrit

Non fate, duchessa, non fate. Egli sarebbe ostinato a non lasciarmi partire, ed io non potrei obbedirlo. No, non fate; gli direte voi ogni cosa quando sarò partito. Sarebbe malissimo fatto il comportarsi di tal modo, io lo chiamo; e domandato un servo: Andate nelle sale, dite all'illustrissimo Morone che venga qui.

Ciò fece di fatto, accompagnò Manfredo sin nel suo gabinetto, lo mise nelle mani de' servitori perchè l'abbigliassero a festa, si partì sino a quando non vide esser l'opera incominciata. Vado e torno, gli disse il Morone per ultimo; e ci recheremo assieme a s. Giovanni. Manfredo tacque, ed egli uscì.

Detto questo, il Morone fe' le viste di dar di volta al discorso, gettò un'occhiata, come se fosse a caso, su quell'imbrogliata quisquiglia di carte che aveva sulla tavola, e soggiunse poi subito: Quasi mi scordavo di ciò per cui t'ho mandato a chiamare. Senza dunque attendere a pigiar l'uva di villa Cortese, come dicevi tu, ti darò io da lavorare.

Detto questo, si licenziò dal suo Francesco Sforza, che lo volle abbracciare. Quando fu per uscire si scontrò nel Morone, che veniva dalle camere di Massimiliano e che gli disse: È qui il duca Francesco? Egli è qui difatto; siete venuto a tempo, ed io vi lascio con lui; a rivederci all'alba. E senza più altro si partì lasciando appunto il Morone col duca.

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