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Aggiornato: 7 maggio 2025


Intorno al diritto esclusivo dei legati pontifici a proporre partiti, il Papa collo imperatore si erano accordati, e dicemmo come; restava ad assettare lo screzio con gli Spagnuoli, i quali essendosi spencolati a contrastarlo ora non vedevano passatoia per uscirne con decoro, ma ecco pronto il Morone a trovare un sutterfugio il quale consistè nella dichiarazione, che ad ogni prelato spettava il diritto di chiedere e dire quello che a lui Papa era concesso chiedere, e dire secondo gli antichi Concili: la parola proporre posero sotto lo staio.

Nel 1294 la sorte aveva strappato l'eremita Pietro da Morone dalla sua profonda solitudine del monte Majella, per innalzarlo al seggio papale. L'eremita, debole ed inetto, aveva preso dimora a Napoli, divenendo lo strumento cieco di re Carlo. Intanto l'ambizioso e risoluto cardinale Benedetto Gaetani di Anagni, aspirava alla tiara pontificia.

Tutto ciò era avvenuto un mese prima all'incirca che il Palavicino si partisse per Milano, e fin d'allora il Morone essendosi presentato ad una udienza del papa, per sollecitarlo a determinarsi in aiuto della Lombardia e dello Sforza, ebbe ad udire da lui le seguenti parole: Quello che vi abbiamo promesso sar

Fermi in questo nuovo proposito, dopo qualch'altra parola, per quella sera i due concittadini si lasciarono. Il giorno dopo, il Morone non attese ad altro che a gettare lo scandaglio alla Corte romana, per vedere come sarebbe accolto quel nuovo progetto del matrimonio tra la duchessa Elena e il marchese. Per verit

La duchessa si mosse di slancio sui passi suoi, chiamandolo altamente per nome; ma il Palavicino, afferrato il fante per un braccio, saltelloni gli fece discendere la scala, e uscì con lui rapidissimo dal palazzo di Marco Aurelio. Il Morone non si mosse, e non parlò. Recatosi al suo alloggio, il Palavicino dispose le cose sue pel viaggio, a que' tempi lungo e disastrosissimo.

Solo il duca Francesco, che camminava a paro col Palavicino, gli disse un tratto a voce sommessa e come di fuga: Il Morone mi ha fatto parola del Lautrec; in castello mi dirai tu il resto. E tenendo stretta la mano del Manfredo con un'affabilit

Ci fu un momento di silenzio, che il Corvino ruppe il primo, dicendo: Se vostra signoria illustrissima volesse mai... Il Morone fu presto a tagliargli la parola in bocca; non voleva assolutamente parlar chiaro, sentire a parlar chiaro, e subito svoltò il discorso.

In questo momento si fecero loro incontro alcuni preti, i quali domandarono se fosse il marchese Palavicino. , rispose il Morone; or dov'è la signora? Colle sue donne e il suo seguito. Venite dunque, che sua eccellenza aspetta da qualche tempo.

Appena dunque il Palavicino ebbe sgombro il passo, accompagnato dal Corvino e da pochi altri, si pose in cammino per la Germania, mandando prima al duca Sforza, per que' mezzi di comunicazioni praticati dal Morone dopo la sua andata in quel paese, la lettera che noi gi

Sarei venuto anche prima se si fosse trattato di semplici complimenti; ma avevo cose importanti da confidarvi, e bisognava pure che prima io dessi fine a parecchie faccende. Ora son qui perchè tutto pare determinato. Sedete dunque; io sto ad ascoltarvi. Il Morone si assise. La Ginevra gli sedette in faccia in grande aspettazione. Oggi, è venuto da voi il marchese Palavicino?

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