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Elena proruppe anch'essa in lagrime allora, e il Morone non potè più dominarsi. Fu un lugubre silenzio di qualche minuto.

Il Morone si fermò di botto in faccia al Corvino, pensò un momento, poi disse: E che cosa basterebbe l'animo di fare a questo fratel vostro? Quel che può fare un uomo che è sostentato dall'ira, e che non bada a rovinar per salvare altrui. La buona volont

Io ti racconterò, prese a dire il Palavicino allora, quanto il Morone ancor non sa; perchè, fuori di ciò ch'era indispensabile per metterlo sulla via di far qualche scoperta, a lui ho taciuto il meglio, ovvero sia il peggio della storia mia... Son cose strane, cose intralciate, alle quali per verit

Quando il Corvino entrò, il Morone stava passeggiando nel suo gabinetto; ma fermandosi allora di tratto, insieme all'affabile saluto volse a colui uno sguardo assai penetrativo e scrutante; la qual cosa fece pure il Corvino, ammiccando anch'esso in quel momento, certo senza avvedersene, con quello stringere dell'occhio destro che era un lezio abituale e caratteristico del cancellier Morone.

Staccandoci adesso dal Palavicino, ci bisogna risalire qualche mese addietro per dar conto di quel fatto accennato di volo nella lettera del Morone al Guicciardini.

Oh Dio!! disse la Ginevra alzandosi in piedi. Oh ditemi, in una parola, di che si tratta! Io tremo di spavento... pure, parlate... ve lo prometto... sarò forte! E tornava a fissare i suoi grand'occhi atterriti sul volto del Morone, quasi per leggervi in prevenzione quel che gli rimaneva a dire.

Così verso le quattr'ore di notte potè uscire di porta Belisario, e si mise in cammino, punto da un certo rimorso per essersi licenziato a quel modo dalla duchessa Elena e dal Morone.

Il Morone continuava intanto a misurar la camera con que' suoi passi brevi e svelti, e stava sull'ale per cogliere il momento opportuno di gettar la semente nel solco.

In questo pensiero se ne uscì dunque di Reggio insieme al conte Mandello. Ci siamo dimenticati di dire, che in fine della lettera del Morone si parlava di un fatto che stava per maturarsi, e che in poco tempo avrebbe dato a parlare a tutta Italia. Vedremo a suo luogo qual era codesto fatto di cui il Morone stava in aspettazione. Intanto ci recheremo a Venezia.

Qui sta il punto, Burigozzo, e la tua storia dei duecentomila non ci ha a che fare gran fatto. Domando io se al Morone c'era bisogno di regalare la contea di Lecco, Vigevano al cardinale, la Ghiarra d'Adda al Lampugnano: terre che rendono pan d'oro e fiorini a staia... e so cosa dico! Manco roba, manco affanni, dice il proverbio, e pare che il duca l'abbia intesa così.