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Aggiornato: 20 giugno 2025
Il morbo e la natura lottarono con varia fortuna; finalmente la natura la vinse. Ma la convalescenza fu lunga, e Lorenzo Salvani non tornò altrimenti nella pienezza delle sue facolt
Restarono il Garibaldi ed il Leggero per alcune altre ore nella loro camera appartata del Morbo. Quali fossero in questo tempo le cure da cui erano circondati per parte del Martini, è inutile il dire; basti solo riflettere quanti ostacoli avr
Il dottore, con la guardia e col marchesino, scese nel portone e dichiarò, sul suo onore, essersi dileguato qualunque sospetto di morbo epidemico. Poi, si ritirarono tutti, mentre il conte Ottavio Reginaldi, stringendo la mano al marchesino Jung, gli diceva, strizzando gli occhi: Perdoni il disturbo, signor Martini!
Alla quale si risponde che, ancorché la causa non si levi, non segue consequenzia che debba durare sempre il male, perché la proposizione che durante la causa dura l'effetto, o sia morbo o altro, procede nelle cause necessarie semplici e assolute, quali necessariamente producano l'effetto, come è il fuoco a rispetto del caldo; ché non sará mai possibile levarsi l'effetto del caldo non levandosi il fuoco, e sempre che ci sará il fuoco ci sará necessariamente il caldo.
Vous êtes ici dans le panier de pêches de quinze sous, dice Olivier a Raymond, e queste pesche da quindici soldi hanno tutte una macchia nerastra da un lato; quel segno è il contagio, quel segno è il morbo, quel segno è las bubas, quel segno è l'infirmitas nefanda: guardatevi da quel segno.
« Favole, eminenza, favole! o quegli emissari non sono arrivati, o se arrivati, sono stati infetti dal morbo generale d'insurrezione e si sono gettati nelle fila dei Mille, ormai tenuti come esseri superiori davanti a cui tutto deve piegare. «Un solo, Talarico, calabrese, mandato da Napoli con nave da guerra, fu messo a terra di notte, e prometteva di compier l'opera a qualunque costo.
Forse anche a lei parevano piccoli, dinanzi a questo gran dolore della patria, tutti i dolori privati. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Il morbo infuria, Il pan ci manca, Sul ponte sventola Bandiera bianca!
Nel tempo che avvenivano tutte queste cose, Cammillo Serafini e Angiolo Guelfi stavano a San Dalmazio trepidanti sul buon esito dell'impresa. Appena fu giorno spedirono un espresso al Morbo per sapere qualche cosa dal Martini, che doveva essere di ritorno, e con loro consolazione riceverono la seguente lettera scritta da Girolamo Martini, ma senza data, e senza indirizzo: C. Signore,
Si mise il Guelfi a fare in apparenza la parte del tranquillo bagnante al Morbo, ma dentro a sè tormentato dal dubbio circa la riuscita del suo piano, e pronto a tentare altra via se quello andasse fallito; e il Martini pensava intanto a trasmettere a San Dalmazio la lieta nuova del felice ritorno, e delle pratiche bene avviate dal Guelfi.
Partì dunque Angiolo Guelfi dal Morbo nelle prime ore del 29, ed arrivò a Massa circa alle 8. Fece subito ricerca dei due fratelli Giulio e Riccardo Lapini, e di Pietro Gaggioli detto Giccamo. Trovò i Lapini, giovani animosi e caldi patriotti, pronti ad assumere la parte loro, di scortare cioè i profughi a traverso il territorio di Massa fino alla Casa Guelfi, ma non potè trovare il Gaggioli, sceso a Follonica per affari suoi. Era intenzione del Guelfi, quando partì dal Morbo, di prendere gli accordi opportuni coi Lapini e col Gaggioli, e ritornare poi subito donde era venuto, sempre per non destare colla sua presenza sospetti nei luoghi pei quali doveva passare Garibaldi. Ma la inopinata mancanza di Giccamo gli fece fare di necessit
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