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Nella notte, al chiarore di questa luna, quando Roma dorme più profondo il sonno dal quale sarebbe misericordia che non si destasse mai più, le larve dei famosi capitani scoperchiano le vetuste sepolture, e vengono silenziose a visitare la terra donde dettarono leggi ai re del mondo; la rupe, che seppero difendere; il luogo dove Cammillo vide la spada di Brenno gittata su la bilancia per aggravare il peso della nostra vergogna...: la vide, ma nessuno dei barbari passò i monti a raccontarlo alla sua moglie.

Nel tempo che avvenivano tutte queste cose, Cammillo Serafini e Angiolo Guelfi stavano a San Dalmazio trepidanti sul buon esito dell'impresa. Appena fu giorno spedirono un espresso al Morbo per sapere qualche cosa dal Martini, che doveva essere di ritorno, e con loro consolazione riceverono la seguente lettera scritta da Girolamo Martini, ma senza data, e senza indirizzo: C. Signore,

La natura dei servi è, che quando non hanno motivo peggiore per incurvarsi, obbediscono a cui comanda più superbo; e Cammillo staffiere, comecchè tra la famiglia ampissima dei servi non fosse dei più tristi davvero, tuttavolta, girando quasi per iscatto di molla su i talloni, mutò la faccia per le spalle davanti al prete; e, fatto arco della persona verso il gentiluomo, con voce ossequiosissima rispose: Eccellenza!

E quì nota lettore, che quando il sempre mai funesto ministro d'Italia Cammillo di Cavour non che non vietasse, consegnava le Alpi alla Francia avvertendo io, che dove questo accadesse bisognava pensare a trasferire altrove la capitale, molto più che smantellata la cittadella, Torino, e il Parlamento correvano pericolo di assaggiare le prime bombe francesi, ciò fu argomento di dileggio pel gregge servile: ora se Napoleone, il quale se ne intendeva, non consentiva a Milano di essere capitale d'Italia, pensa tu se lo avrebbe conceduto a Torino nella condizione miserabile in che l'hanno posta il savio Conte, e il suo più savio armento, che i ministri successivi si sono vie vie consegnato come le stime vive di un podere sfruttato, e tuttavia dura salvo dalla epizotia.

«Stimatissimo signor Cammillo. «Abbenchè io non abbia l'onore di conoscervi personalmente la fama vostra chiarissima ovunque di gentilezza, e somma perizia nell'arte medica mi fanno ardito a chiedervi un consiglio.

Propose Cammillo Serafini di San Dalmazio, e Angiolo Guelfi di Scarlino, come quelli che avrebbero accettata di gran cuore l'impresa del salvamento, e sarebbero stati da tanto di portarla a termine con esito fortunato, e l'uno fornirebbe sicuro asilo in San Dalmazio, mentre l'altro provvederebbe una via di salvezza per la Maremma.

Poi li abbracciò, li baciò, li incaricò dei suoi saluti a Girolamo Martini, Cammillo Serafini e Angiolo Guelfi, e montò nella barca. Lo stesso fece il capitano Leggero salutando ed abbracciando gli amici, e la barca si mosse.

Qui ricordo come certa volta Cammillo Cavour, senza che il bisogno ce lo stringesse, scappò fuori in Parlamento con le parole: egli non amare, intendere le belle arti.

«Alle predette carceri di Torre di Nona furono presenti messere Giovanni Aldobrandini, messere Aurelio del Migliore, messere Cammillo Moretti, messere Francesco Vai, e messere Migliore Guidotti; chiamati in supplemento Domenico Sogliani segretario, e l'illustrissimo Cappellano.

«Vi anticipo, Stimabilissimo Signore, tutta la mia riconoscenza compiacetevi, vi prego, di un riscontro e comandate in ogni caso il vostro Dottore Cammillo De Serafini in San Dalmazio Maremma Toscana.